Il ritratto del Duca, la parola a Roger Michell e Jim Broadbent

Uno dei film più amati di Venezia 77, peccato fosse Fuori Concorso. Il regista e il protagonista ci hanno raccontato la storia di Kempton Bunton

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Il ritratto del Duca rientra in quella tradizione del cinema inglese di raccontare storie edificanti provenienti dalla classe operaia, riuscendo a trovare in situazioni solitamente drammatiche risvolti talvolta esilaranti.

Sarà perché, come cantava Giorgio Gaber, anche gli operai non ne possono più di fare gli operai, e poi non si vive di solo Ken Loach. I cineasti britannici hanno la possibilità di essere grandemente ispirati dai governi che si sono succeduti al servizio di sua Maestà.

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I minatori di Grimthorpe, Yorkshire, dissero Grazie Signora Thatcher a modo loro, le attempate Calendar Girls hanno creato uno standard nella raccolta di fondi e gli operai disoccupati e spogliarellisti di Full Monty hanno spiegato meglio di molti altri di quanto lo Stato possa lasciarti in mutande, e magari neanche quelle.

Tutte storie vere, come quella di Kempton Bunton, un tassista sessantenne di Newcastle, che proprio non riusciva a sopportate il welfare britannico per gli anziani, che nei primi anni Sessanta, con il conservatore Harold MacMillan primo ministro, era effettivamente deficitario.

In particolare, Bunton si batteva per l’abolizione del canone televisivo per gli anziani. Era disposto a tutto per riuscire nel suo intento. Persino a trafugare un Goya dalla National Gallery e chiedere come riscatto l’approvazione del provvedimento. Idea che gli sembrò eccellente, perché le cose andarono esattamente così.

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Il ritratto del Duca è una commedia divertentissima e molto umana

Diretta con mano solida da Roger Michell, compianto regista britannico consegnato all’eternità da Richard Curtis con Notting Hill, e con una carriera ricca di film interessanti, come The Mother, L’amore fatale e Rachel.

Michell purtroppo è mancato nel settembre del 2021, poco più di un anno dopo averlo incontrato alla 77. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. In quell’occasione ci aveva detto di essere rimasto molto sorpreso dalla sceneggiatura.

«Non avevo mai sentito parlare di questa storia, anche se all’epoca doveva essere famosa, dato che è andata a finire addirittura in 007-Licenza di uccidere».

Come non lo riveliamo, ma anche i due interpreti principali, Jim Broadbent ed Helen Mirren, ne erano completamente all’oscuro. Hanno così potuto creare Mr. Bunton e signora sulla base delle notizie raccolte su di loro. Broadbent, anche lui incontrato a Venezia, descrive il suo personaggio come «uno sciovinista vecchio stile che però dà tutto se stesso per difendere i deboli. Un uomo che può mentire spudoratamente alla moglie, amandola però sinceramente».

Moglie come detto interpretata da Dame Helen Mirren, e per la prima volta due monumenti del cinema inglese lavorano sullo stesso set.

«Eravamo apparsi in uno stesso film» puntualizza Broadbent «ma senza recitare insieme. Helen è un’attrice magnifica, si è calata completamente nella parte, mostrando con orgoglio i suoi anni, scegliendo di non farsi truccare e assumendo la postura tipica di una donna di quell’età e di quell’estrazione sociale negli anni Sessanta. Straordinaria».

Una commedia ricca dei valori di cui il Regno Unito nell’era del Covid e della Brexit ha un grande bisogno.

«È profondamente deprimente» commenta Broadbent.

«Sono stati fatti errori uno dietro l’altro e la situazione non ha fatto altro che peggiorare. La gente sarà sempre più arrabbiata e frustrata, aumenteranno la disoccupazione e i problemi. Spero che, andando avanti, venga fuori qualcosa di buono, ora è tutto molto cupo. Questo film per fortuna sottolinea i benefici della condivisione, della gentilezza e dell’identificarsi nell’altro piuttosto che pensare solo a se stessi. Se riuscissimo a trasmettere anche solo un po’ questo messaggio sarebbe già un piccolo aiuto».

Il governo di Boris Johnson, nella figura del ministro delle finanze Rishi Sunak, aveva ventilato proprio poco prima della presentazione veneziana l’ipotesi di togliere il privilegio agli anziani di non pagare il canone. Un anno e mezzo dopo ha direttamente abolito il canone, dal 2027 il servizio pubblico dovrà trovare un’altra maniera per sostentarsi.

«Johnson non ama la BBC » ci disse all’epoca Roger Michell.

«Questo è una dei molti tentativi fatti dal suo governo per affossarla, l’altro è la proposta che non sia più un reato non pagare il canone televisivo. I conservatori non amano il servizio televisivo pubblico, perché è imparziale in modo quasi surreale».

In questi strani tempi, servirebbero molti personaggi come Kempton Bunton, le cui idee dopo sessant’anni potrebbe tornare di gran moda.