Alfredino – Una storia italiana, Marco Pontecorvo: “La nostra serie non vuole speculare sul dolore”

Il regista Marco Pontecorvo racconta la serie che ricostruisce la celebre tragedia del bimbo caduto in un pozzo a Vermicino, vicino Roma, nel 1981: «Un caso mediatico che grazie alla mamma di Alfredo fece crescere il Paese»

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Credits: Lucia Iuorio

Marco Pontecorvo sapeva bene che dirigere Alfredino – Una storia italiana, la serie prodotta da Sky e da Marco Belardi per Lotus Production, in arrivo su Sky e Now il 21 e 28 giugno, non sarebbe stato affatto semplice.

«Ma quando mi hanno proposto questo progetto ho pensato che fosse giusto farlo, perché ho ritenuto corretto analizzare, approfondire e archiviare un avvenimento che era nella memoria collettiva dell’Italia intera. Nessuno sa se davvero era possibile tirare fuori Alfredino da quel maledetto pozzo, con l’organizzazione di oggi e con la Protezione Civile le cose forse sarebbero andate in modo diverso, ma a noi interessava raccontare quello che è successo dopo, cosa è scaturito da quella tragedia, perché “cose del genere non accadano mai più”, come ha detto la stessa mamma di Alfredino. Il nostro non è un documentario, ma una fiction per capire e andare oltre».

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La morte del piccolo Alfredo Rampi, seguita in una storica diretta-fiume dall’Italia intera nel 1981, è rimasta una ferita che a distanza di 40 anni, non è ancora del tutto rimarginata, così la domanda se sia giusto farne una storia in televisione, diventa inevitabile.

«Nel corso di questi anni – svela il regista della serie scritta da Barbara Petronio e Francesco Balletta – alla signora Franca Rampi sono stati proposti migliaia di progetti tra televisione e cinema, a cui ha sempre detto no. Alla fine ha scelto di farla con noi perché abbiamo voluto raccontare ciò che è successo dopo, l’elaborazione di quel lutto che ha portato, grazie alla tenacia dell’allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini e della signora Franca, alla nascita della Protezione Civile e dell’associazione Rampi che ancora oggi fa cose importanti in diversi settori, tra cui la prevenzione degli incidenti sul lavoro. La nostra serie non specula sul dolore, non c’è voyeurismo, l’intero cast ha sentito questa responsabilità e seguito la direzione che avevo in testa, di non andare sullo spiccio, ma di cercare di approfondire i sentimenti».

A vestire i panni della signora Franca è Anna Foglietta, Francesco Acquaroli è Nando Broglio, il vigile del fuoco che provò a tenere compagnia ad Alfredo durante quelle terribili ore, Luca Angeletti è il padre di Alfredo, Beniamino Marcone interpreta Marco Faggioli, uno dei pompieri accorsi sul luogo della tragedia, Giacomo Ferrara è Maurizio Monteleone, il secondo degli speleologi che provarono a recuperare il piccolo, Valentina Romani è la geologa Laura Bortolani, Daniele La Leggia è Tullio Bernabei, caposquadra del gruppo di speleologi e primo a calarsi nel pozzo, Riccardo De Filippis è Angelo Licheri, “l’Angelo di Vermicino”, ultimo a calarsi e a provare a salvare Alfredo, Massimo Dapporto è l’allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini.

Credits: Lucia Iuorio
Credits: Lucia Iuorio

«Sento la responsabilità di riscattare la figura di Franca Rampi – ha raccontato alla stampa Anna Foglietta – che ha permesso che tragedie simili non accadessero più. Ha lottato per tutti senza che le sia stato riconosciuto, perché la protezione civile prima non esisteva. Grazie a una donna, una mamma c’è stata la forza per costruire qualcosa di utile per tutti. Il nostro è il tentativo di riscattare la famiglia da tutto il dolore provato». Impossible dimenticare quella tragedia, vissuta come un primo reality show da un’Italia reduce dal terremoto, dagli scandali di Gladio, dall’attentato a Papa Woytjla.

Anna Foglietta nel drammatico trailer della storia di Alfredino

«Qualcuno ha persino ipotizzato – conclude Pontecorvo – che lo spazio dedicato alla tragedia di Vermicino servisse a distrarre l’opinione pubblica. Abbiamo raccontato l’Italia di quel momento, scavando nei personaggi e cercando di capire chi fossero: Licheni, per esempio, era un fattorino di una tipografia, che non so dove abbia trovato il coraggio di scendere fino a 66 metri a testa in già in 30 centimetri di pozzo. Siamo stati con la macchina da presa vicino a loro nelle discese, ma abbiamo deciso d’accordo con la famiglia di non mostrare mai il bambino, se non quando era fuori, prima che cadesse. Da quel momento il bimbo non c’è più, ma la sua presenza è fortissima».