Dall’esordio con i Take That, la boy-band nata a Manchester nel 1990, fino alla carriera da solista, Better Man ripercorre la vita e la carriera del cantante britannico tra alti e bassi personali e professionali. A dare vita alla scimmia digitale è l’attore Jonno Davies, una trovata del regista Michael Gracey (The Greatest Showman) per rappresentare il sentimento che Williams ha espresso sulla sua fama, che l’ha fatto sentire spesso come una scimmia da palcoscenico. “Chi vive un successo improvviso, ne esce inevitabilmente a pezzi“, ci ha spiegato lo stesso Robbie Williams in una intervista esclusiva.
A 50 anni ha trovato la pace. Come ci è arrivato?
Mettendo radici e trovando un senso che è arrivato solo quando mi sono sposato e ho avuto dei figli. Non appena è nata la mia primogenita, ho realizzato che le cose non giravano più solo intorno a me. E per un narcisista come me, è stata una notizia sconvolgente. Ho ancora drammaticamente bisogno di essere amato ma non sono più fragile come una volta. In passato provavo un senso di disperazione così forte che la maggior parte dei giorni era impossibile vivere. Invecchiare è diventata una rivelazione, che sto accogliendo a braccia aperte.
Qual è stata la parte più difficile del rivisitare i suoi momenti bui?
Raccontare il rapporto con la mia ex fidanzata, Nicole Appleton (cantante delle All Saints, ndr). Tutti gli altri nel film mi hanno fatto qualcosa, ma con lei sono stato io il cattivo. Nicole ha avuto la versione peggiore di me. Non è stato facile perché provo ancora un po’ di vergogna.
Suo padre come ha reagito al film?
Non l’ha ancora visto. Questo è un altro aspetto spinoso, perché parte del meccanismo del film è il mio rapporto con lui. La versione di lui che viene data in Better Man è la versione di mia madre, mio padre ha la sua versione di ciò che è successo. Per molti versi, non voglio che lo veda. Per altri, voglio che la gente sappia che è la persona più affascinante che si possa incontrare.
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Molte persone famose vengono ritratte nel film, tra cui il suo ex compagno di band Gary Barlow e il front-man degli Oasis, Liam Gallagher. Quanto è vicina al vero Liam questa versione?
Liam è un 11 e il modo in cui è stato ritratto nel film è un 10 (ride).
È preoccupato di cosa penseranno dopo aver visto il film?
Con Gary Barlow oggi ho un rapporto sano. Ma nel film devo parlare e pensare nel modo in cui parlavo e pensavo quando avevo 18, 19 anni. Quando Gary ha ricevuto la sceneggiatura, mi ha detto: “Rob, ne esco peggio di Darth Vader nel primo Guerre Stellari“, il che mi ha fatto ridere.
Better Man per certi versi è un musical. In che modo i musical sono stati un riferimento per lei?
Sono cresciuto nel Regno Unito dove avevamo solo tre canali che per 24 ore al giorno mandavano in onda vecchi programmi televisivi quindi la mia versione dello sfogliare il telefono è stata guardare musical come South Pacific, Bulli e pupe, e performers come Bing Crosby, Fred Astaire, Frank Sinatra e Sammy Davis Jr. Da lì ho capito chi e come volevo essere e come volevo che le persone si sentissero grazie a me.
Tornando ai suoi momenti bui, alle dipen- denze. Perché nessuno l’ha aiutata?
L’hanno fatto. Dio benedica Tim e David, i miei manager. David, che è mancato anni fa, mi ha insegnato a restare sobrio, a essere compassionevole e responsabile, a diventare un adulto. Quando si è nel profondo della dipendenza e dell’alcolismo non si prendono le decisioni più giuste e non ci si circonda delle persone migliori.
Se potesse tornare indietro nel tempo, si unirebbe ancora ai Take That?
Assolutamente sì. I Take That sono stati importanti e per le persone che hanno iniziato a seguirci all’epoca lo sono ancora. Abbiamo resistito più a lungo e, oserei dire, meglio di tutte le altre boy band contemporanee.
