Bosco Grande di Giuseppe Schillaci trionfa al SalinaDocFest

Miglior montaggio a "La canzone di Aida" di Giovanni Princigalli, "Vakhim" di Francesca Pirani vince il premio speciale del pubblico. Giovanna Taviani: "Mi piacerebbe internazionalizzare il Festival visto che il documentario come genere è stato sdoganato" 

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Foto credits: Alberto Coppolino
Treno, aereo, van, aliscafo, macchina. Per arrivare alle Eolie il viaggio è lungo e pieno di cambi di mezzi di trasporto, e ovviamente in enorme ritardo. All’approdo ci attende impaziente Giovanna Taviani, fondatrice del SalinaDocFest, che ci accoglie calorosamente e ci invita a risalire subito su una barca per raggiungere in fretta il suggestivo teatro open air di Punta Megna a Leni, uno dei tre minuscoli comuni presenti sull’isola. Siamo stati catapultati in un posto magico, sulla punta estrema dell’isola con un panorama mozzafiato con Lipari e Vulcano da un lato e Alicudi e Filicudi dall’altro che fanno da quinte al proscenio. Assistiamo alla messa in scena del nuovo spettacolo di Giovanni Calcagno (vincitore del Premio Pistì) “Polifemo innamorato” con gli interventi musicali di Puccio Castrogiovanni e l’utilizzo di originali marionette corporee. Uno spettacolo ispirato alle liriche di due poeti classici Teocrito e Ovidio, che in secoli diversi, hanno cantato l’impossibile amore tra Polifemo e Galatea.
Giovanni Calcagno – Foto credits: Alberto Coppolino
Un lavoro faticosissimo organizzare questo Festival in una piccola isola specie quando Eolo e il meteo non aiutano. “Sono cresciuta con i ragazzi dell’isola che adesso sono diventati direttori di alberghi, uno di loro è diventato anche sindaco. Tutti si lamentavano dell’isolamento e dello spopolamento dell’isola fuori stagione. Io nel frattempo avevo iniziato a fare la documentarista, un mestiere considerato da molti semplicemente un hobby, isolato dal resto del cinema, per cui mi sentivo anch’io allo stesso modo degli isolani. Con questo Festival ho voluto unire in un certo senso queste due esperienze. Ho pensato all’insularità non come disgrazia,  perché spesso mancano i collegamenti con la terra ferma per via del maltempo, ma come sguardo libero sul mondo. Il mio motto infatti è sempre stato: “Isolani si Isolati no” ci spiega Giovanna Taviani che in questi giorni si è fatta in quattro tra produzione, organizzazione, pubbliche relazioni, sponsor, giurati e ospiti.
Giovanna Taviani e Giulia Calenda – Foto credits: Alberto Coppolino
Del resto il Festival del documentario, che quest’anno compie 18 anni, non poteva che prendere forma a Salina. L’isola che ha visto nascere la Panaria film di Francesco Alliata di Villafranca, prima casa di produzione del documentario. Roberto Rossellini ci ha girato Vulcano con Anna Magnani, Paolo e Vittorio Taviani Kaos, Nanni Moretti Caro Diario e Massimo Troisi Il Postino.“Da allora sono cambiate molte cose sull’isola ma anche il documentario come genere è stato per fortuna sdoganato. Adesso si viene addirittura premiati nei più importanti festival del mondo. Mi piacerebbe esportare l’esperienza del Salina, oramai maggiorenne, in Europa, internazionalizzarlo, cercando magari una partnership con un altro festival isolano” mi confida durante uno degli incontri di Enocinema, organizzati sulla terrazza del porticciolo turistico di Santa Marina, dove si discute della settima arte mentre si degustano i deliziosi vini locali di malvasia, prodotto principe dell’isola.
Antonio Pezzuto e Francesco Munzi – Foto credits: Alberto Coppolino
 Sei i documentari in competizione scelti tra i migliori dell’ultimo anno sul tema Libertà – come esseri liberi“Libertà nasce dall’osservazione di quello che sta succedendo in questo momento. Banalmente non solo la guerra o il Mediterraneo che diventa un luogo di morte per esseri in cerca di libertà,  ma libertà anche di isolarsi, di sconnettersi, perché la connessione continua porta spesso alla solitudine” spiega Giovanna Taviani che insieme a Paola Cassano, Ivelise Perniola e Antonio Pezzuto, condirettore artistico del Festival hanno selezionato i documentari in gara.
Andrea Occhipinti – Foto credits: Alberto Coppolino
La giuria, presieduta da Andrea Occhipinti fondatore della Lucky Red e composta da Kasia Smutiniak e dalla documentarista iraniana Firouzeh Khosrovani, ha premiato Bosco Grande di Giuseppe Schillaci come miglior documentario in concorso. L’opera narra la storia di Sergione, un tatuatore palermitano di 260 chili, mito della cultura punk in città che vive nel quartiere di Bosco Grande, la cui sua salute peggiora con l’età ed è costretto ad andare in un centro specializzato per l’obesità. La canzone di Aida di Giovanni Princigalli ha vinto invece il premio Media Fenix come miglior montaggio, realizzato da Emma Bertin. Il documentario ci fa conoscere la vita di una bellissima adolescente rumena del campo Rom di Bari che sogna di diventare una modella ma che purtroppo ha il destino già segnato. Il pubblico ha premiato invece Vakhim di Francesca Pirani. La storia di una bambino cambogiano adottato nel 2008 in Italia.
 
Un’immagine tratta dal film “Bosco Grande”
 Presenti a Salina anche Francesco Munzi, vincitore del premio Howden per il suo Kripton, presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma. Sophie Chiarello che ha ricevuto il premio  DP World per “Il cerchio” e la sceneggiatrice Giulia Calenda a cui è stato consegnato il premio Ravesi. Premiati anche Paola Cortellesi, Kasia Smutiniak e Claudio Bigagli che, causa maltempo, non sono riusciti ad arrivare in tempo sull’isola. 
 

Foto credits: Alberto Coppolino

 Nel fitto programma del Festival anche un doveroso omaggio alla libertà nel cinema dei fratelli Taviani, di casa a Salina, con le proiezione di 4 film scelti tra le numerose e premiate opere dei cineasti toscani: “Kaos”, “San Michele aveva un gallo”, “Padre Padrone” nel ’77 Palma d’oro a Cannes, “La notte di San Lorenzo”, Gran Prix della Giuria di Cannes nell’82. “Oggi rivedendo quei capolavori penso che ci hanno consegnato un mondo sbagliato, la loro ideologia, quella visione del mondo in cui credevano molto forse è diventata – avendo occasione di confrontarmi molto spesso con le nuove generazioni – a volte una griglia, una specie di prigione. Ecco loro avevano invece quella libertà di pensarla diversamente senza essere ghettizzati” spiega Giovanna, figlia di Vittorio Taviani e nipote di Paolo a conclusione della rassegna.