Sulla mia pelle, eccezionale incasso in sala nonostante l’uscita contemporanea su Netflix

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SULLA MIA PELLE

C’è un dato che, da solo, sembra rispondere alle polemiche sull’entrata di Netflix nel panorama della produzione cinematografica non per forza destinata alle sale: è l’incasso straordinario di Sulla mia pelle, il film di Alessio Cremonini sulla tragica vicenda di Stefano Cucchi, prodotto da Netflix e che ha aperto la sezione Orizzonti della scorsa Mostra del Cinema di Venezia. Sulla mia pelle, uscito ieri contemporaneamente in streaming su Netflix e in sale cinematografiche selezionate distribuito da Lucky Red, è sesto nella classifica Cinetel: con sole 54 copie ha incassato 43mila 368 euro, per 6863 spettatori, registrando la media-copia più alta (803 euro).

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A sollevare la polemica dopo la Mostra di Venezia erano state le associazioni di categoria dell’esercizio cinematografico, Anec e Anem, ma anche L’ANAC, Associazione Nazionale Autori Cinematografici, con FICE e ACEC, che in una nota avevano espresso contrarietà riguardo alla scelta del festival veneziano di aver inserito in concorso alcuni film non destinati alla visione in sala, diversamente da quanto aveva deciso il festival di Cannes, soprattutto prodotti da Netflix (compresi il Leone d’Oro Roma di Alfonso Cuarón, 22 July di Paul Greengrass, The Ballad of Buster Scruggs dei Coen e The Other Side of the Windil film inedito di Orson Welles), ma anche targati Amazon Studios, come Suspiria di Luca Guadagnino e Peterloo di Mike Leigh.

«Nel pieno rispetto delle scelte della giuria presieduta da Guillermo del Toro e senza nulla togliere all’alta qualità del film Roma di Alfonso Cuaròn, vincitore del Leone d’Oro, ANAC, FICE e ACEC ritengono iniquo che il marchio della Biennale sia veicolo di marketing della piattaforma Netflix che con risorse ingenti sta mettendo in difficoltà il sistema delle sale cinematografiche italiane ed europee», recita la nota congiunta delle tre associazioni. «Il Leone d’Oro, simbolo della Mostra internazionale d’arte cinematografica da sempre finanziata con risorse pubbliche, è patrimonio degli spettatori italiani: il film che se ne fregia dovrebbe essere alla portata di tutti, nelle sale di prossimità, e non esclusività dei soli abbonati della piattaforma americana».

Alfonso Cuaron
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Un giusto tentativo di protezionismo da parte degli esercenti, o solo nostalgia di una fruizione unica in sala che da tempo ormai non esiste più, scavalcata di fatto dal moltiplicarsi delle piattaforme e dei dispositivi di visione? Il direttore della Mostra del Cinema di Venezia Alberto Barbera, però, sembra deciso a non cambiare la linea di selezione del festival: «Dal momento in cui abbiamo deciso di non bandirlo per ragioni antistoriche, Netflix è diventato un player come tutti gli altri», aveva dichiarato al nostro daily dal Lido #CiakInMostra. «Se vince vuol dire che sta facendo una politica di investimeno sul cinema di qualità che sta dando i suoi frutti».