Con la Katarina Zhu di Bunnylovr, la Rachael Abigail Holder di Love, Brooklyn o la Hailey Gates di Atropia (qui la recensione) tra i registi esordienti a presentare la loro opera prima al Sundance Film Festival 2025 c’è anche Evan Twohy, che per l’occasione adatta una propria commedia teatrale breve di 15 anni fa nello sconclusionato e surreale Bubble & Squeak, nel quale – al fianco degli sposini protagonisti Himesh Patel e Sarah Goldberg – troviamo lo spietato agente della dogana Matt Berry e il suo tremebondo sottoposto Steven Yeun, oltre a un losco Dave Franco impellicciato che potrebbe riservare rotonde sorprese…
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IL FATTO
Declan (Himesh Patel) e Delores (Sarah Goldberg) sono una coppia di statunitensi in vacanza in un imprecisato Stato – probabilmente dell’Europa dell’Est – costretti a subire una strana indagine prima di poter tornare a casa. I due infatti sono accusati di contrabbandare cavoli, un problema in una nazione dove questo particolare ortaggio è assolutamente vietato, e rischiano di dover incorrere in una serie di punizioni che nessuno avrebbe mai potuto immaginare. Come evitarle se non tentando la fuga? Ma è solo l’inizio di una avventura che li porterà a incontrare strani personaggi e a confrontarsi con la fragilità del loro recente matrimonio.
L’OPINIONE
L’inizio essenziale e avaro di riferimenti, che possano permettere allo spettatore di prendere posizione o iniziare a entrare nel film, dà subito la misura del linguaggio scelto dal regista esordiente per raccontare una storia che continua a sfuggire a categorizzazioni via via che avanza, e che – capitolo dopo capitolo – ci costringe ad assistere al racconto di una crisi matrimoniale mascherato da crime movie, il più surreale e improponibile cui si potesse pensare.
Già dalla premessa, e per la successiva spiegazione del perché il traffico di cavoli sia un crimine tanto efferato nel piccolo paese dove la coppia di turisti statunitensi ha scelto di fare le proprie vacanze alternative… Sola uno dei riferimenti ironici a problemi reali del nostro oggi, dal controllo delle frontiere e la gestione dei migranti al controllo da parte delle istituzioni e l’arbitrarietà di certe leggi dello Stato, fino al rapporto con la finitezza della nostra esistenza.
Il risultato è un lungo – forse troppo – gioco, nel quale si mescolano momenti da ricordare e trovate capaci di rompere il lento fluire della vicenda (come la festa del Baburu Kapusta, che non avrebbe sfigurato in uno dei film di Borat, l’apparizione del minore dei fratelli Franco sotto mentite spoglie, la chiesa di fieno del finale o alcune splendide location estoni), per il resto spesso gravata da incoerenze e fondamentalmente slegata e faticosa da accompagnare alla sua conclusione.
Dove si arriva tra suggestioni e ammiccamenti a Monty Python, Wes Anderson o Mel Brooks (e forse anche al folk horror tanto di moda) che spesso sfiorano il ridicolo o potrebbero mettere alla prova la pazienza dello spettatore. Un peccato vista la comicità diversa e senza fronzoli della quale sembra esser capace Twohy, il cast impegnato, pronto a dare vita a dialoghi non facili da ‘portare’, e una scena chiave nostalgico-gastronomica nella quale si concentra tutta la malinconia che cova sotto la superficie e dalla quale si consiglia di sintetizzare l’invito a usare di più l’immaginazione, non solo all’interno della coppia.
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Difficile trovare qualcosa di troppo simile, per quanto le apparizioni notevoli e le scelte surreali hanno sicuramente qualcosa in comune con lo Swiss Army Man con Paul Dano, Daniel Radcliffe e Mary Elizabeth Winstead, presentato proprio al Sundance Film Festival del 2016.