Cannes 2023, Michael Douglas dà una lezione al festival

L'attore premiato con la Palma d'Oro onoraria si racconta ai Rendez-Vous di Cannes

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Rendez-vous avec… Michael Douglas © Stefano RELLANDINI / AFP

Un premio Oscar da attore protagonista, un altro come produttore di un film straordinario, 55 anni di carriera alle spalle. Michael Douglas ne ha 78 oggi, e dopo avere ricevuto la Palma d’onore nel corso della cerimonia d’apertura del Festival di Cannes 2023, l’attore si è concesso al pubblico e alla stampa per una lunga conversazione sulla sua carriera e anche sull’eredità cinematografica lasciatagli da suo padre Kirk, che a Cannes era particolarmente legato. «Mio padre incontrò qui a Cannes quella che sarebbe diventata poi sua moglie e la mia matrigna per 63 anni, Anne Buydens. Faceva l’ufficio stampa all’epoca, curava dei film al festival, si incontrarono e si innamorarono, quindi ricevere un premio proprio qui è particolarmente importante».

 

Riconoscimento che celebra una lunga carriera, iniziata in televisione nella serie Sulle strade di San Francisco, dove recitava al fianco di «Karl Malden, il mio mentore» e poi proseguita come produttore. «Senza che sapessi realmente farlo, ma c’era questa storia, Qualcuno volò sul nido del cuculo, mio padre lo aveva portato in teatro e con il mio socio dell’epoca Saul Zaentz, comprammo i diritti per farne un film. E lo facemmo in maniera incosciente, ma evidentemente in quella giusta. Decidemmo di girare in un vero ospedale psichiatrico, prendemmo Jack Nicholson che al primo pasto in mensa fece volare il vassoio urlando che gli sembravano tutti pazzi, e Milos Forman, che è rimasto un mio caro amico per tutta la vita, che condivideva la nostra visione del cinema. Quando lo finimmo nessuno lo voleva, poi è successo quello che è successo. E lì ho capito che la vendetta è un piatto che va gustato freddo». Cinque Oscar, miglior film, regia, sceneggiatura, attore e attrice protagonista. E a proposito di Ellen Burstyn, che interpreta la crudele infermiera Ratchet, Douglas ricorda che fu difficile trovare l’interprete. «All’epoca il cattivo non poteva essere una donna, ci furono molte attrici che rifiutarono il ruolo. E ricordo una sera, durante una cena, Anne Bancroft che urlò contro il marito Mel Brooks “te lo avevo detto che dovevo accettare”».

Con tutto quello che ha visto nella sua lunga carriera ne ha di aneddoti da raccontare Michael Douglas, che a Cannes venne la prima volta con un film da lui sia prodotto che interpretato, Sindrome Cinese, al fianco di Jane Fonda e «Jack Lemmon, che vinse il premio per la migliore interpretazione proprio qui. Un film che quando decisi di fare vedevo come un horror che parlava del confronto tra uomo e macchina, in realtà non ero neanche molto informato su tutta la questione nucleare all’epoca. Venimmo attaccati da ogni fronte, fu considerato un film irresponsabile per quello che raccontava, e poi, poche settimane dopo l’uscita, ci fu l’incidente della centrale di Three Miles Island in Pennsylvania».

Jack Lemmon, Michael Douglas e Jane Fonda in “Sindrome cinese”

La vera carriera d’attore di Michael Douglas in realtà comincia proprio con questo film, e sarebbe continuata con tanti altri successi, molti purtroppo colpevolmente dimenticati nel corso della conversazione dall’eminente critico francese che ha condotto l’incontro di cui non ricordiamo il nome (e ci sarà una ragione) ma che avrebbe potuto fare molto meglio. Non si è parlato di A Chorus Line, dove interpreta il ruolo del regista e produttore teatrale di un musical da portare in scena a Broadway, una parte che racconta molto del Douglas uomo di spettacolo. Si è solo vagamente accennato a un film straordinario, in cui offre una delle sue migliori interpretazioni in assoluto, come The Game di David Fincher, e lo stesso vale per Wonder Boys, del compianto Curtis Hanson, per cui avrebbe meritato un secondo Oscar. Si è preferito parlare di cose più “semplici”, come Basic Instinct, che venne proprio a Cannes «e fece un gran polverone» e per cui spiega qual è la ricetta per girare una buona scena di sesso. «Provare, come in teatro, sapere che non ci sarà niente di inaspettato, dire al partner in anticipo dove si metteranno le mani, quali sarà il crescendo, e poi trovare il ritmo giusto. Oggi non si possono fare senza l’intimity coach».

Michael Douglas in The Game (1997)

Douglas ricorda le molte attrici con cui ha lavorato, contento del fatto che «quando abbiamo lavorato insieme molte di loro hanno offerto le loro migliori interpretazioni, da Louise Fletcher ad Annette Benning a Kathleen Turner». Con quest’ultima in particolare ha lavorato tre volte, «e la ragione per cui gli attori amano lavorare nuovamente insieme è perché conoscono tutti i tempi reciproci. Con Kathleen ne La guerra dei Roses è stato perfetto, un film che avevo detto a Danny [De Vito] che non avrebbe mai potuto fare, una storia dove alla fine muoiono i due protagonisti. “Appunto…” mi rispose Danny. È il mio migliore amico, ci conosciamo da cinquant’anni, abbiamo diviso il primo appartamento a New York quando eravamo giovani. Su La guerra dei Roses si è vendicato di tutte le cose che gli ho combinato in All’inseguimento della pietra verde».

Michael Douglas e Kathleen Turner in “La guerra dei Roses” (1989)

A Cannes Douglas avrebbe meritato anche un premio come migliore attore, per Dietro i candelabri di Soderbergh, «che aveva spostato il film facendomi credere che avesse altro da fare per farmi rimettere in forma dopo il tumore alla gola che ho avuto qualche anno fa. Mi piace lavorare con Steven, ha un metodo di lavoro incredibile, è velocissimo e perfetto».

E poi naturalmente Oliver Stone, con cui ha vinto l’Oscar per il suo leggendario Gordon Gekko di Wall Street. «Oliver è un regista che riesce a tirare fuori il meglio da ogni attore con cui lavora, perché riesce a farsi odiare di proposito quasi subito, in questo modo tutte le energie negative nei suoi confronti vengono incanalate nel personaggio».

Michael Douglas in Wall Street (1987)

Adesso, dopo otto mesi in Francia a lavorare su Benjamin, la serie di Apple TV+ in cui interpreta Ben Franklin, Michael ha deciso di prendersi un po’ di vacanza del set «e dedicarmi al mio ruolo di portavoce delle Nazioni Unite in Medio Oriente». Uno come lui potrebbe pure far scoppiare la pace.