Carlo Verdone medico honoris causa: “sono come un antidepressivo”

L'attore ospite a Napoli, per il Giuramento di Ippocrate dei medici

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Carlo Vedone a Napoli

“Preferisco frequentare i medici piuttosto che i colleghi” confessa Carlo Verdone alla platea di professionisti che affollano il Teatro Augusteo di Napoli per l’appuntamento con il Giuramento di Ippocrate. Dove l’attore e regista romano ha ricevuto la laurea honoris causa in medicina, insieme a una pergamena col giuramento di Ippocrate, una statuina a sua immagine, ma con camice bianco e stetoscopio, un libro sui centro anni dell’Ordine dei medici di Napoli i documenti che testimoniano le origini del nonno paterno mai conosciuto perché morto al fronte durante la Prima Guerra Mondiale.

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E’ stato un discorso divertente e interessante quello di Verdone, che ha parlato anche del suo rapporto con il capoluogo campano e proprio di Nonno Oreste. “Mio padre per anni ha cercato le tracce di mio nonno, a Caserta, a Napoli, a Nola. Niente – si legge nell’intervista al Corriere del Mezzogiorno. – Un giorno un signore mi manda la foto di un monumento ai caduti e nella lista dei nomi c’è un Oreste Verdone. La lapide è a Pozzuoli e da lì è partito tutto. Abbiamo scoperto di dove veniva il nonno morto nella prima guerra mondiale e rintracciato i suoi documenti”.

Napoli nel destino, insomma, per il neo dottore, che ha approfittato dell’occasione per ringraziare del “grosso regalo” e tornare sulla sua passione per la medicina, e per i medici, almeno alcuni… “Sono solo un appassionato”, dice prima di ammettere: “La maggior parte dei miei amici sono medici, preferisco frequentare loro piuttosto che i colleghi con i quali si finisce sempre a parlare di incassi e cinema, che noia!”.

Prima ancora della laurea si è sempre ‘divertito’ a fare diagnosi, “ma solo per qualche amico”, “poi vedo se il medico le conferma, ma in genere ci prendo, sarei stato un bravo diagnosta”, conclude.

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“Abbiamo voluto invitare Carlo Verdone al Giuramento – ha spiegato il presidente dell’Ordine dei medici di Napoli, Bruno Zuccarelliperché è un personaggio straordinario e iconico, un maestro del nostro cinema che con i suoi personaggi ha saputo sottolineare pregi e difetti dei camici bianchi”.

“In un certo senso – gli ha fatto eco l’attore, rivolto agli 800 dottori in sala, – ci poniamo lo stesso obiettivo, voi curate i corpi, io gli umori, è come se fossi un antidepressivo. Ma voi fate un lavoro che il mio a confronto è una barzelletta”. “Vi dico solo, e lo dico da paziente, che dietro il camice bianco ci deve essere l’uomo, ci deve essere l’umanità e l’ascolto – ha consigliati ai giovani presenti. – Non è importante che il medico sia autorevole, ma che sia amico del paziente, che sappia ascoltare e dare sempre una molecola di ottimismo che aiuta il malato a seguire meglio la cura. Non fate come il mio Raniero, ne ho incontrati tanti come lui di medici terribili”.

Tutto nasce negli anni ’60 – ha poi continuato. – A quell’epoca casa mia era frequentata da alcuni pezzi da novanta della medicina dell’epoca come Valdoni, Stefanini, Borromeo, gente che curava il Papa o il Presidente della Repubblica. Fu così che cominciai a collezionare l’enciclopedia medica, ma capii che non potevo fare il medico perché ero molto emotivo e alla vista del sangue non sarei andato avanti. Ad un certo punto mi ero messo in testa di avere un tracoma. Fu allora che mia madre si arrabbiò e butto i fascicoli, mi disse: basta, hai rotto”.