Carlos Grangel a Cartoons on the Bay, intervista a un genio dell’animazione

Ospite al Cartoons on the Bay 2022, Grangel vince il Premio Sergio Bonelli e ci parla della sua esperienza, passando da Tim Burton a Guillermo del Toro

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Carlos Grangel con il poster di Cartoons on the Bay - Foto di Maurizio D'Avanzo

“L’animazione è un linguaggio, non un genere”: è una frase che ronza spesso nell’aria, alla ventiseiesima edizione del Cartoons on the Bay, il festival dell’animazione, della transmedialità e dell’arte interattiva organizzato da Rai a Pescara (1-5 giugno). È una frase che ronza spesso nell’aria, e la si comprende appieno nella sala dell’Aurum dedicata alla mostra su Carlos Grangel, character designer di film iconici come Balto, Il principe d’Egitto, La strada per El Dorado, Madagascar, Kung-Fu Panda, Dragon Trainer, La Sposa Cadavere. Quest’ultima in particolare sembra aver lasciato un segno profondo nel cuore del suo geniale creatore, che ha concesso a Ciak un’intervista proprio nei pressi del pannello dedicato a Corpse Bride. Carlos Grangel, creatore del poster di questa edizione, è uno degli ospiti d’onore del festival, vincitore del Premio Sergio Bonelli come “Autore dell’Anno”.

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Cosa si prova, dunque, a essere qui oggi e a ritirare un premio dedicato a Bonelli?

Sono felicissimo, davvero non me lo aspettavo. Quando mi hanno chiamato tre mesi fa e mi hanno detto che volevano consegnarmelo non potevo crederci. Sergio Bonelli è un nome importante, ha fatto praticamente ogni cosa per quanto riguarda i fumetti… 

Carlos Grangel ritira il premio Bonelli

E tu hai iniziato come fumettista, giusto?

Sì, all’inizio volevo essere un fumettista. Poi ho iniziato a lavorare con Disney e Warner Bros, sono trascorsi trent’anni e ho lasciato quella strada. L’animazione mi piace, però a volte mi dico: “Sono un autore di fumetti frustrato”, quindi ricevere un premio col nome di Bonelli è stato per me una soddisfazione, un sogno.

Passando da un linguaggio all’altro, poi, sei finito a lavorare con un regista eclettico come Tim Burton. Ci racconti com’è iniziata la collaborazione su La Sposa Cadavere?

Un giorno ho ricevuto una chiamata da Tim Burton, che mi ha chiesto di vederci nella sua casa di Londra per parlare di un film, e mi ha parlato de La Sposa Cadavere. Voleva collaborare con me per la creazione dei personaggi ed è stata un’emozione fortissima: quasi non ci credevo.

Foto di Maurizio D’Avanzo

C’era una certa affinità, comunque, nel vostro gusto. Penso al corto Periwig Maker, che aveva un estetica molto vicina alla sensibilità burtoniana, no?

Ah, Periwig Maker! Sì, ne avevo curato il character design… Tim Burton mi ha chiamato tramite la compagnia di Mackinnon e Saunders che si trovava a Manchester. Loro si erano occupati della realizzazione dei pupazzi, ed è stato attraverso quel corto che Burton ha visto per la prima volta i miei lavori. Abbiamo quindi iniziato a lavorare insieme; è stato il progetto più lungo al quale mi sia mai dedicato: è durato tre anni ed è stato meraviglioso, avevo una totale libertà creativa. Disegnavo sulle scatole dei cornflakes, usavamo materiali di riciclo per le bozze, come ho fatto anche in questa mostra. È un’esperienza che mi è piaciuta molto.

Possiamo dire, quindi, che sei anche particolarmente legato ai personaggi di questo film? O ce ne sono altri, nei tuoi lavori, ai quali hai dedicato una cura speciale, ai quali ti senti più legato?

Io non sono padre, però ogni personaggio è stato come un figlio per me, un’opera di creazione. Non me la sento di indicare un personaggio, ma ci sono tre film ai quali sono molto legato: Il Principe d’Egitto, La Sposa Cadavere e soprattutto Spirit.

Soprattutto?

Sì, perché mi ha messo alla prova. È molto difficile il lavoro d’animazione sui cavalli, studiarne le espressioni e il movimento. Se un progetto finisce normalmente in un anno, con Spirit ce ne sono voluti due.

Carlos Grangel intento a creare uno schizzo di Spirit con la tavola da disegno – Foto di Maurizio D’Avanzo

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So che vivi anche in Italia durante l’anno, e che una parte dell’ispirazione dei tuoi lavori la si deve parzialmente a questo Paese. Sarà così anche per il Pinocchio di Guillermo del Toro?

Oh, è stata una collaborazione interessante. Io ho lavorato sul design di Geppetto e di Pinocchio e l’ho reso un po’ più dark, stilizzato, diverso dalla classica immagine che si ha di lui. Ha sicuramente qualcosa di italiano, ispirato ai costumi del settecento. Sarà un film bizzarro, penso che piacerà molto ad alcuni mentre altri potrebbero esserne straniti.

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E hai consigli, invece, per un aspirante animatore di oggi?

In realtà ho due consigli, il primo è per le famiglie: vorrei che i genitori ascoltassero i propri figli e assecondassero la loro creatività. Il consiglio che rivolgo ai giovani animatori e disegnatori, invece, è quello di avere costanza: bisogna lavorare dieci ore al giorno. La disciplina, l’immaginazione e l’impulso a voler creare qualcosa sono i tre elementi fondamentali di questo lavoro. Devi “voler fare”… e non per accontentare gli altri, ma devi volerlo per te stesso.

Un consiglio prezioso, da farne tesoro. Grazie mille, Carlos. 

Grazie a voi! Quando ero bambino, sai, leggevo molti fumetti italiani e seguivo con passione tutti gli illustratori di questo Paese. Quindi ecco: sono veramente felice di essere al Cartoons. Trionfare in America è difficile, ma qui lo è ancora di più. Oggi invece mi sono detto: “Hai trionfato in Italia!”.