Citadel: Diana tra tradizione e innovazione (italiana) del genere spy

I protagonisti dello spin-off italiano di Citadel ci raccontano cosa aspettarci dai 6 episodi in arrivo dal 10 ottobre su Prime Video

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Una serie dove «tutto è il contrario di tutto» sullo sfondo di una Milano retrofuturistica con giochi di potere tra famiglie e una super spia allenata a reprimere (quasi) tutte le emozioni. È quanto ci attende in Citadel: Diana, la serie originale italiana tratta dall’universo “Citadel” in arrivo il 10 ottobre su Prime Video, scritta da Alessandro Fabbri con Gina Gardini come showrunner e diretta da Arnaldo Catinari con la produzione esecutiva dei Fratelli Russo.

Dopo aver visto in azione la Nadia Sinh di Priyanka Chopra Jonas e il Mason Kane di Richard Madden (attualmente impegnati con la seconda stagione di Citadel) a smuovere gli equilibri della nota agenzia di spionaggio (in una linea temporale successiva) troviamo Matilda De Angelis come protagonista assoluta, affiancata da Lorenzo Cervasio, Maurizio Lombardi, Filippo Nigro e Giordana Faggiano.

In Citadel: Diana emergono nuove storie e nuovi personaggi che mantengono al centro di tutto l’azione e le caratteristiche dei film di spionaggio, un genere amatissimo da sempre. per vari motivi. «Le spy stories piacciono perché ti danno l’illusione di capire come funziona il mondo, ti portano nel backstage e te ne fanno scoprire i meccanismi» ha raccontato in conferenza stampa lo sceneggiatore Fabbri. Per Catinari, altro grande fan cresciuto con i film degli 007, «raccontare una storia come questa all’interno del genere spy è la cosa più interessante che potessimo fare». E se «recitare la parte della spia è il sogno di ogni bambino» ammette Filippo Nigro, che non esita a citare Alberto Sordi in Un americano a Roma come riferimento, per Lorenzo Cervasio il punto di massimo appeal resta Matrix «film che ho visto un centinaio di volte».

Lorenzo Cervasio e Maurizio Lombardi

Discorso diverso per Matilda De Angelis, per la quale essere un’eroina donna rappresenta un’importante novità: «per le bambine era difficile appassionarsi a questo genere perché per anni è mancata la rappresentazione di spie donne. Sono contenta di aver interpretato una spia da grande così da poter essere, magari per le bambine di domani, fonte di ispirazione».

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Per farlo, De Angelis racconta di essersi allenata duramente per quattro mesi: «ho frequentato la EASTUNT di Emiliano Novelli, un luogo magico. Avendo un passato da ginnasta – ho fatto 12 anni di ginnastica artistica – mi piaceva l’idea di poter portare qualcosa del mio bagaglio personale nel personaggio. Sono arrivata agli allenamenti pronta psicologicamente e molto entusiasta, ma non mi aspettavo sarebbe stato così difficile.  Abbiamo spaziato dal parkour alle arti marziali, dovevo dare l’idea di essere una macchina da guerra e volevo essere il più credibile possibile». E aggiunge: «Questa è una serie molto analogica. Tutto quello che vedete, tutte le azioni, sono state fatte realmente. C’è pochissimo VFX. Era importante per il progetto che io fossi in grado di fare il 90% degli stunt».

Parlando di azione, Citadel: Diana nasce con un’idea ben precisa, ovvero quella di «cercare di non pensare a quanto fatto dai Fratelli Russo in Citadel», ma «tracciare una versione italiana che portasse sulle spalle la nostra tradizione» spiega Catinari «guardando al grande cinema action di Hong Kong». Così facendo «tutte le coreografie aiutano il personaggio ad entrare nella storia. È una serie che parla di personaggi che sono al centro della narrazione e girare le scene action in modo analogico ha aiutato la tridimensionalità del racconto».

Anche a livello di scrittura «era importante immaginare di creare un universo nuovo senza troppi riferimenti» spiega Fabbri. Per questo la scelta di una Milano inedita, futuristica e distopica, segnata da un Duomo distrutto. «Quella è stata l’immagine di partenza, un magnete per la creatività che mi faceva pensare in modo preoccupante come possiamo essere tutti esposti in qualsiasi momento».

Sulla distopia si riflette anche il look della protagonista, un caschetto asimmetrico ideato dal parrucchiere premio Oscar per Suicide Squad Alessandro Bertolazzi: «serviva che Matilda indossasse una corazza riconoscibile, iconica» spiega il regista. «I capelli rispecchiano il suo essere un personaggio diviso in due, con la Diana del passato (lato più lungo) e Diana presente (lato più corto)».

Entrando un po’ più nel dettaglio sugli altri personaggi, Maurizio Lombardi interpreta il potente Ettore Zani, capo di Manticore Italia, che divide spesso la scena con il figlio Edo Zani, interpretato da Lorenzo Cervasi. «Edo è un personaggio aperto a interpretazioni, non è tagliato con l’accetta» racconta quest’ultimo. «Va in conflitto con il padre Ettore perché ha una visione più democratica e nell’interpretarlo mi sono fatto tante domande su come possa essere governato il mondo». Per Lombardi, il villain della storia, la chiave di volta è il rapporto con il figlio: «me ne sono trovato uno testone», scherza, così come Filippo Nigro, che dice di «vedersi praticamente solo nei flashback» anche se ammette «è stato bello ricostruire quel rapporto con Diana e addestrarla per Citadel con solennità».