Blade Runner, 40 anni di un mito

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Blade runner

«I’ve seen things you people wouldn’t believe… Attack ships on fire off the shoulder of Orion… I watched C-beams glitter in the dark near the Tannhäuser Gate. All those moments will be lost in time, like tears in rain… Time to die»

È questo il leggendario monologo Tears in Rain, pronunciato sotto una pioggia a dirotto da Roy Batty (Rutger Hauer), temibile replicante Nexus-6, un attimo dopo aver tratto in salvo Rick Deckard (Harrison Ford) e subito prima di morire, avendo ormai raggiunto il tempo massimo di esistenza di quel modello di androidi.

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Quel monologo, che ha strappato più di una lacrima già a chi era sul set al momento delle riprese, prima di donare l’immortalità a Rutger Hauer e far entrare nella leggenda Blade
Runner, in italiano è diventato:

«Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi: navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni diOrione, e ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser. E tutti quei momenti andranno perdutinel tempo, come lacrime nella pioggia. È tempo di morire»

(con i c-beams tradotti, per esigenze di doppiaggio, in raggi B)

blade runner

E ancora oggi, a quarant’anni di distanza, fa parte del linguaggio comune. È solo una delle tante dimostrazioni dello straordinario potere di suggestione del capolavoro di Ridley Scott, primo regista a capire quale incredibile riserva immaginifica contenessero i romanzi e i racconti di Philip K. Dick uno dei più grandi scrittori di fantascienza della storia, tanto sfortunato da morire solo pochi mesi prima dell’uscita del film che lo avrebbe reso uno degli autori più saccheggiati dal cinema.

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