Cyrano, Peter Dinklage «È un personaggio universale in sintonia con i tempi»

Il regista Joe Wright e l’attore Peter Dinklage raccontano il loro Cyrano, adattamento cinematografico del musical di Erica Schmidt.

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È uno dei più celebri e travolgenti triangoli amorosi di sempre quello che vede protagonista Cyrano de Bergerac. Dopo aver ispirato numerosi film (tra cui quelli di Augusto Genina, Fernand Rivers, Michael Gordon, Jean-Paul Rappeneau, Clément Maurice e Fred Schepisi) torna sul grande schermo nel musical diretto da Joe Wright, già regista al cinema di grandi romanzi come Anna Karenina e Orgoglio e pregiudizio.

Presentato lo scorso ottobre alla Festa di Roma e nelle sale con Eagle Pictures dal 3 marzo, è interpretato da Peter Dinklage (il Tyrion Lannister de Il Trono di Spade), Haley Bennett (moglie di Wright), Kelvin Harrison Jr., Ben Mendelsohn. La storia è nota, e pure il suo drammatico epilogo, ma questa volta il film, adattamento del musical diretto da Erica Schmidt (moglie di Dinklage), a sua volta tratto dal celebre romanzo di Edmond Rostand, ci conduce altrove, tra personaggi diversi da quelli conosciuti. Il ruolo del protagonista è infatti affidato non a un attore che indossa lo sproporzionato, iconico naso che ha reso celebre Cyrano, ma a Dinklange che, affetto da acondroplasia, misura 135 centimetri di altezza. Mentre Christian è interpretato da un attore afroamericano, Harrison Jr. Il film inoltre, che passa con disinvoltura dal parlato al cantato e viceversa, è stato girato in piena pandemia nella Sicilia barocca di Noto e in quella più aspra dell’Etna (teatro della lunga sequenza della battaglia), dove la produzione ha ricostruito un mondo di fantasia, onirico e romantico, impreziosito dai costumi di Massimo Cantini Parrini, che magnificamente reinterpreta abiti settecenteschi.

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«Cyrano è una grande opera letteraria che parla a noi, è una storia che ci tocca intimamente e universalmente», sottolinea Dinklage. «Sono un attore, ma questo non mi vieta di nascondermi dietro a molti sipari, anche quando non recito, ed è altrettanto ovvio che ci sia qualcosa di me in tutto quello che interpreto. La cosa eccezionale di Cyrano è che ha molto a che fare con il tipo di comunicazione da cui siamo ormai travolti: è la versione antica di noi stessi quando siamo online e ci nascondiamo dietro un profilo, solo che Cyrano usa l’identità di qualcun altro per esprimersi. Il trucco era cogliere il cuore del testo di Rostand e farlo diventare uno spettacolo di due ore per un pubblico contemporaneo: trasformare le lunghissime lettere in canzoni è stato molto efficace, la musica arriva direttamente al cuore, perché il ritmo è il battito».

E a proposito del body shaming che colpisce anche Cyrano, l’attore aggiunge: «La questione è come noi vediamo noi stessi: nessuno si sente a proprio agio fino in fondo nella propria pelle. Oggi siamo molto più consapevoli del nostro aspetto fisico e penso che Cyrano sia un personaggio universale, continuamente in sintonia con i tempi, capace di parlare di chi è diverso, ma anche insicuro sulla possibilità di essere amato».

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«L’esperienza di vita di Peter – commenta il registaha molto a che fare con Cyrano, al quale ha dato un pathos profondo e una grande autenticità. Volevo offrire una visione nuova dell’opera di Rostand e Haley ci regala una versione di Roxanne molto più intensa che in passato: è stata proprio lei, tra l’altro, a invitarmi a vedere la produzione teatrale di Erica Schmidt in cui era coinvolta, nel piccolo Chester Theatre, in Connecticut». E continua: «Il cinema italiano è il più bello del mondo per la sua capacità di esprimere la ricchezza della vita. Mio padre mi ha fatto crescere con Ladri di biciclette, Federico Fellini è il mio eroe, amo moltissimo Luchino Visconti e Michelangelo Antonioni, ma tra i contemporanei adoro Paolo Sorrentino».