Alla fine sarà Denis Villeneuve a dirigere il nuovo film di James Bond, il numero 26, il cui protagonista è ancora da scegliere, ma che si immagina possa essere reso noto ormai nel giro di settimane, se non addirittura giorni. Vedremo.
Adesso quello che può essere interessante dibattere, fermo restando che sono considerazioni oziose e che potranno avere conferme o smentite solo una volta che il film arriverà nelle sale, è: ma Denis Villeneuve è il regista più adatto per 007?
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Partiamo dalle basi: è canadese. Quindi fa parte del Commonwealth, si resta quindi nella tradizione per cui debba essere un suddito di Sua Maestà, o almeno qualcosa che abbia a che fare con quello che una volta fu l’Impero Britannico.
Passiamo invece alle questioni cinematografiche. Villeneuve è un regista senz’altro solido, ha affrontato molti generi, con la fantascienza in primo piano, declinata in modi differenti. Filosofica ed esistenzialista, come in Arrival. Futuristica e spettacolare, come in Blade Runner 2049. Revisione di un classico della letteratura come la saga di Dune, supportata oltretutto da un cast, è il caso di dirlo, stellare.
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Ha avuto a che fare con l’action, Sicario è un ottimo film, soprattutto grazie alla sceneggiatura di Taylor Sheridan e ai tre interpreti principali, Benicio Del Toro in testa. Ha ogni tanto qualche caduta di ritmo, ma sono peccati veniali. Prisoners è un thriller tesissimo, anche qui molto aiutato da un cast in stato di grazia, Hugh Jackman su tutti.
Perfetto, adesso cancellate tutto, perché il vero Denis Villeneuve è tutt’altro. È quello dei suoi primi quattro film, opere controverse, con aspirazioni marcatamente autoriali, a tratti anche arroganti per gli argomenti che mettono sul tavolo.
August 32nd on Earth, Maelstrom, Polytechnique e La donna che canta, quest’ultimo di gran lunga il migliore, sono film apparentemente piccoli, ma molto ambiziosi. Così come Enemy, tratto da L’uomo duplicato di Saramago, veicolo per Jake Gyllenhaal nel suo periodo più intellettuale ed esistenzialista.
Negli anni Denis ha capito di avere un talento non comune: il camaleontismo.
Villeneuve sa replicare più o meno qualunque cosa, a modo suo, naturalmente. Arrival è il suo personale modo di essere Kubrick (come d’altronde lo stesso Enemy è un’opera fortemente lynchiana nella struttura narrativa). Blade Runner 2049 è un’appendice perfetta dell’originale, e la saga di Dune non è poi così diversa dal vituperato film sempre di Lynch, che magari prima o poi si capirà non essere questo disastro di cui molti blaterano a vanvera.

Insomma, è un trasformista, o un manierista, volendola mettere su un piano più artistico e aggraziato. Negli anni, grazie al successo, sebbene mai effettivamente fragoroso, neanche per i suoi blockbuster sci-fi, Villeneuve ha avuto l’opportunità di circondarsi di collaboratori di livello eccezionale, e di avere sempre a disposizione i migliori attori su piazza.
In questo assai simile a Christopher Nolan, a cui ha praticamente scippato 007 da sotto il naso. E come Nolan, la sua produttrice è la compagna, Tanya Lapointe, ex giornalista e documentarista che non resterà diciamo negli annali, almeno fino a oggi.
Detto ciò, fu Denis Villeneuve al scelta giusta?
Da una parte sì, perché questo suo trasformismo è perfetto per sottostare ai voleri di Amazon, che vorrà plasmare il nuovo Bond secondo criteri solo vagamente simili a quelli della tradizione. E Villeneuve non avrà problemi a prendere la sceneggiatura ed eseguirla, avendo a disposizione il migliore materiale umano possibile.
Le sue prime parole sono state quelle tipiche del calciatore che cambia casacca: sempre amato 007, sin da bambino, farò del mio meglio per rispettare la tradizione. Insomma, dichiarazioni di rito. L’effettiva riuscita dell’operazione Bond 26, e di tutto quello che verrà dopo, non dipenderà comunque da lui.
C’è prima da scegliere il protagonista, cosa probabilmente già successa e che deve solo essere annunciata, in cui Denis non ha avuto probabilmente alcuna voce in capitolo. Poi bisognerà vedere chi metterà mano alla sceneggiatura. Wade & Purvis, che hanno fatto grande Bond negli ultimi 20 anni, resteranno fedeli a Barbara Broccoli e Michael Wilson, oppure potrebbero considerare l’ipotesi di essere ricoperti d’oro per inventare l’agente segreto del futuro?
Sono abbastanza convinto che a scegliere il team di scrittura sarà David Heyman, che con Amy Pascal è a capo del progetto Bond per Amazon. Heyman è inglese, ha supervisionato tutta la saga di Harry Potter, sicuramente è quello più indicato a fare le giuste scelte, fermo restando che parliamo di un’azienda il cui proprietario affitta Venezia a fine giugno per sposarsi, quindi tutto può essere.
Quali sono i contro di Denis Villeneuve
Se dovesse avere un minimo di potere decisione e creativo, potrebbe essere un problema. Al contrario di quanto possa sembrare, Villeneuve non è particolarmente bravo a gestire l’action, e i due film di Dune lo confermano. Predilige il dialogo, il confronto, l’introspezione, tutte cose che sicuramente ci farebbe piacere vedere in una nuova versione di Bond, a patto che nel mentre salti da un treno in corsa tirando fuori la Walter PPK.
Il suo essere considerato un autore, che di fatto non è, potrebbe dare al film, o ai film, un’impronta ibrida che non servirebbe a nessuno. La grande forza della saga di Bond è sempre stata l’avere dei registi che erano fondamentalmente degli onesti lavoratori, tutti con caratteristiche differenti. Guy Hamilton era un cineasta del futuro negli anni Sessanta, Terence Young un regista raffinato e classico, il Bond di Daniel Craig ha avuto la sua migliore versione grazie a Martin Campbell in Casino Royale, migliore anche del Sam Mendes di Skyfall, che era un film di rottura narrativa, che necessitava di più lavoro introspettivo che di action vero e proprio (che comunque non manca).
Villeneuve rischia, se investito di maggiori responsabilità oltre l’esecuzione in senso stretto, di non essere né carne né pesce. C’è da dire che, potendo avere a disposizione Nolan, perché con i soldi di Jeff Bezos ci si può comprare anche lui, l’operazione non è andata in porto perché il regista di Oppenheimer certamente pretendeva un controllo totale sul progetto. Cosa che a Villeneuve non è stata neanche lontanamente prospettata.
Quindi, il futuro di James Bond sarà roseo?
No, sarà più probabilmente innocuo, almeno per ora, come gran parte del cinema di Denis Villeneuve. Ed è quello che serve ad Amazon, in previsione di spin-off, serie e tante altre cose che sicuramente si inventeranno per spremere una Proprietà Intellettuale costata una quantità di denaro talmente enorme che persino Il Doge di Amazon qualche brivido lo sta avendo.
Meglio andare sul sicuro, ma mantenendo saldo il controllo del franchise, senza voli pindarici d’autore.