CIAK BIZARRO! PAUL VERHOEVEN

0

Non è solo il responsabile di una delle scene erotiche più radicate nell’immaginario collettivo contemporaneo, ossia quella con Sharon Stone che in Basic Instinct (1992) rivelò al mondo intero, accavallando le gambe durante un interrogatorio di polizia, che le mutandine a volte possono essere un “optional”.

Paul Verhoeven, olandese, classe 1938, fin dai suoi esordi ha diretto titoli in cui sessualità e violenza caratterizzano le sue storie cinematografiche. Il primo lungometraggio è del 1971 e si intitola Gli strani amori di quelle signore, in cui racconta della “vita” di due prostitute ad Amsterdam.  Il film successivo Fiore di carne (1973) ricevé anche la candidatura all’Oscar quale miglior film straniero, presentando Rutger Hauer in un ruolo significativo da protagonista, coinvolto in scene di sesso esplicito e di violenza brutale. Scandali a raffica anche per i successivi Kitty Tippel… quelle notti passate sulla strada (1975), Spetters (1980), Il quarto uomo (1983), L’amore e il sangue (1985). Quest’ultimo è stato poi, per la sua crudezza e la sua visione disincantata della storia, fonte di ispirazione per il celebre manga Berserk, creato da Kentaro Miura.

Perfino quando ha affrontato la fantascienza (Robocop, 1987, Atto di forza, 1990, Starship Troopers-Fanteria dello spazio, 1998, L’uomo senza ombra, 2000) Verhoeven l’ha spinta verso il grottesco, l’esagerazione, l’espressionismo, senza temere di mostrare la carne e il sangue e le loro speculari devastazioni.

In una intervista rilasciata a Mario Serenellini per La Repubblica (17.4.2016) ha dichiarato: «È la mia formazione, sono le suggestioni che mi arrivano dall’arte olandese e dalla passione per i fumetti. I nostri grandi pittori, Brueghel, Bosch, Rembrandt non andavano tanto per il sottile: ritraevano la vita in tutta la sua crudezza. Nei loro quadri scorrono fluidi corporali, gli uomini vomitano, le donne orinano. Non hanno alcun tabù, tanto meno quello della nudità. Tra il Cinquecento e il Seicento, l’arte fiamminga è la sola a autorizzarsi questa enorme libertà di rappresentazione, riproducendo la vita come la si vede, non come la s’immagina. Perché mai impegolarsi in inutili metafore?»

Nel suo film più recente, Elle, in concorso al Festival di Cannes, Isabelle Huppert fronteggia disinvolta uomini senza mutande e stupratori col volto mascherato: un’elegante accetta di ferro nero adocchiata in un negozio di ferramenta potrebbe tornare utile…

Paul Verhoeven