Profondo nero: arriva lo speciale Dylan Dog scritto da Dario Argento

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Appassionati dell’horror e del “bizarro” attenzione: dal 28 luglio in tutte le edicole sarà disponibile un numero speciale (il 383) di “Dylan Dog”, scritto da Dario Argento (insieme allo sceneggiatore del fumetto, Stefano Piani) dal titolo particolarmente evocativo: Profondo nero. Per realizzarlo sono stati necessari quindici mesi, con il team della Sergio Bonelli Editore, capitanato dal curatore della serie di Dylan Dog, Roberto Recchioni. I disegni del graphic novel sono di Corrado Roi, mentre la copertina di Gigi Cavenago.

Ma cosa attenderci da questo incontro tra l’indagatore dell’incubo e il Maestro dell’horror-thriller? Nelle prime pagine vediamo una donna seminuda legata ad una croce a “X” che implora di essere frustata da Dylan Dog, il quale si mostra dubbioso, circondato da una serie di individui con maschere di animali disposti in una galleria di palchi quasi fossero a teatro…

Chi ha avuto modo di leggere il recente libro di racconti (Horror- Storie di sangue, spiriti e segreti, Mondadori 2018) scritti da Argento sa già che al regista di Profondo rosso piacciono le incursioni in epoche lontane, le dilatazioni sensoriali e psichiche, le fughe in mondi ultraterreni, torture “sadiane” e supplizi dell’Inquisizione, figure diaboliche che dal passato ritornano per molestare e terrorizzare i vivi.

In Profondo nero non mancheranno “punizioni” e “onirismi”: una modella sadomaso di nome Beatrix improvvisamente scompare nel nulla e inizia così anche la discesa negli abissi della psiche da parte di Dylan Dog, tra spunti sexy e/o umoristici che cercheranno di allentare il suspense…

Essenziale la dichiarazione di Dario Argento al riguardo, rilasciata al quotidiano “La Repubblica”: “Da piccolo leggevo “Topolino”. Da allora in poi, poco altro, tra cui “Dylan Dog”. Ne ho letti alcuni e mi sono piaciuti. L’immaginario che Tiziano Sclavi ha riversato nella serie e anche l’attenzione che dimostra per i mostri e per i diversi, sono entrambe cose in cui mi riconosco. E poi nelle sue storie c’è sempre ironia, come nei miei film”. Holy Socks, chi ne dubita?