Full Metal Jacket: 5 motivi per (ri)vederlo

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Dire che Full Metal Jacket è un’opera di Stanley Kubrick è già un motivo più che sufficiente per (ri)vederlo. Certo, oltre ad essere stato girato da un regista straordinario il film del 1987 è un capolavoro della cinematografia per una lunga serie di ragioni. Il tema bellico e la guerra in Vietnam vengono ripresi sotto un’altra luce. La violenza insita nell’uomo, la brutalità, i dubbi esistenziali sulla natura del conflitto in senso lato sono i temi indagati nel lavoro di Kubrick. Alcune scene, frasi e personaggi non possono non essere considerati geniali e allo stesso tempo folli e realistici.

1. LA LOBOTOMIZZAZIONE
All’inizio del film Kubrick vuole mostrare la spersonalizzazione dell’essere umano che avviene sotto le armi. Per l’esercito è fondamentale produrre macchine da guerra, carne da macello per un conflitto che si combatte dall’altra parte del mondo. L’incarnazione del lobotomizzatore di professione non è un chirurgo bensì il Sergente Maggiore Hartman. In una lunga sequela di insulti tanto pesanti e volgari da risultare comici, in meno di dieci minuti riesce a far crollare vertiginosamente l’autostima delle povere reclute. Joker, Cowboy, Palla di lardo, Biancaneve: la fantasia dei nomi è sublime. Curiosità: Ronald Lee Ermey era un vero sergente dei Marines che doveva fare da consulente per la parte di Hartman ma, ad un certo punto, era talmente credibile da essere scelto da Kubrick per interpretarlo.

2 IL FASCINO DELLA VIOLENZA
Siamo abituati a vedere la violenza nei film di Kubrick, basti pensare a Shining e Arancia Meccanica. Il clima di morte in Full Metal Jacket è incombente e provoca ansia in chi lo guarda. Scontri armati, uccisioni sommarie, alienazione, tutti elementi che compongono un quadro di violenza inaudita. Con un ritmo calibrato Kubrick alterna a situazioni raccapriccianti momenti di “riposo”, questi ultimi preludio di una più accanita brutalità. Nonostante questo non si può che essere affascinati e inebriati dalla sensazione di tensione e disagio che si prova.
Emblematico e significativo il momento in cui un soldato spara all’impazzata da un elicottero, colpendo alla cieca chiunque gli capiti a tiro.
Joker: «E come fai a sparare sulle donne e sui bambini? »
Mitragliere: «È facile, vanno più lenti miri più vicino »

Full Metal Jacket

3 PALLA DI LARDO SBROCCA
Palla di lardo, goffo, un po’ tonto, viene preso di mira continuamente da Hartman. A chi non salterebbero i nervi già solo per l’appellativo con cui viene chiamato? Oltre ad essere del tutto fuori luogo nell’esercito è anche il meno maligno e spietato della truppa. Come diceva Vittorino Andreoli, scrittore e psichiatra di fama mondiale, «Ogni uomo nasce buono: a renderlo cattivo ci pensano poi l’esperienza e l’educazione », ed è una frase azzeccatissima in questo caso. Dopo le continue vessazioni una notte Palla di lardo imbraccia un fucile e con uno sguardo allucinato lo carica con delle cartucce «7 e 62 blindatissime, full metal jacket ». Hartman, già con il cappello in testa – il dubbio a questo punto è se dorma in tenuta militare- agli urli dello squilibrato si precipita nel bagno insultandolo. La sorpresa sarà più amara del previsto.

4 MARCIA TOPOLINO
La colonna sonora del film è composta sia da brani non originali come These Boots are Made for Walkin’ di Nancy Sinatra o Surfin’ Bird dei The Trashmen, sia da pezzi gravi e percussivi di Abigail Mead (pseudonimo di Vivian Vanessa Kubrick, figlia del regista). Sul finale però ecco un brano del tutto spiazzante; accanto a un paesaggio di distruzione e macerie infuocate i Marines avanzano a ritmo della canzone di Mickey Mouse con la voce fuori campo di Joker che dice «Per oggi abbiamo scolpito abbastanza i nostri nomi nelle pagine della storia. Sono contento di essere vivo. Certo, vivo in un mondo di merda, ma sono vivo. E non ho più paura ». La macabra marcia segna un ritorno all’infanzia di soldati-assassini che ritrovano un momento di spensieratezza. La musica stride con le immagini sullo schermo rendendo la scena agghiacciante.

5 JOKER, PACIFISTA O GUERRAFONDAIO?
Il casco che Joker indossa nella seconda parte del film è iconico, lo stesso della locandina. Pace o guerra? Difficile fare una netta distinzione tra le due; Joker è infatti il simbolo del dualismo dell’essere umano. Il film che sembra essere nettamente diviso in due parti, l’addestramento e il Vietnam – molto più “cittadino” rispetto ai combattimenti nella giungla che si vedono in altre opere – è metaforicamente unito dal soldato-giornalista. È un killer? È nato per uccidere? O è un uomo che non vede nel conflitto armato una soluzione? Una risposta Kubrick non la offre proprio perché una risposta non esiste, ognuno decide quale parte di sé far prevalere sull’altra.

Rudy Ciligot