Fanny Ardant e Melvil Poupaud raccontano i loro Jeunes amants

I due attori, ospiti della Festa del Cinema di Roma, hanno presentato in anteprima mondiale il film Les jeunes amants, una storia d’amore che sfida le differenze d’età e la morte stessa

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Una delle coppie più belle della 16ma Festa del Cinema di Roma è senza dubbio quella formata da Fanny Ardant e Melvil Poupaud nell’anteprima mondiale (il 16 ottobre) de Les jeunes amants, il nuovo lungometraggio della regista Carine Tardieu (La tête de maman, Du vent dans me mollets, Otez-moi d’un doute), prodotto da Ex Nihilo e Karé Productions, da un soggetto della regista e sceneggiatrice Sólveig Anspach (scomparsa nel 2015), a cui il film è dedicato. Un bel ritorno della grande attrice Ardant (una carriera che ha attraversato e segnato gli ultimi quarant’anni di storia del cinema, dai film col compagno François Truffaut La signora della porta accanto e Finalmente domenica alle pellicole in Italia con Scola e Antonioni) a Roma, dove due anni fa aveva portato La belle époque, che le è valso il secondo premio César. La affianca Poupaud, che tra le altre cose è stato il protagonista del film rivelazione di Xavier Dolan Laurence Anyways e il desiderio di una donna…, oltre che di diversi film di François Ozon (Il tempo che resta, Grazie a Dio).

Qui i due interpretano rispettivamente Shauna e Pierre, lei architetta settantenne e lui oncologo quarantacinquenne. Conosciutisi in un momento doloroso per le vite di entrambi, si ritrovano dopo quindici anni e iniziano una relazione. «Ho ricevuto il copione», racconta Ardant a proposito del suo coinvolgimento nel film, «l’ho letto tutto d’un fiato e mi è piaciuto molto. Poi ho incontrato Carine Tardieu per complimentarmi, ma dicendole che non l’avrei fatto, pensando a tutte le scene d’amore fisico che ci sarebbero potute essere. Lei però mi ha rassicurato». «Anche a me è piaciuto molto il copione», aggiunge Poupaud, che ha apprezzato anche i precedenti lavori della regista: «li ho trovati differenti dal tipico cinema d’autore intellettuale francese, con una dimensione un po’ più “romanzesca” nella messa in scena. Inoltre mi è sempre piaciuta Fanny Ardant e quindi ho voluto fare il film anche per lavorare con lei».

Ma nel 2021 è ancora un tabù l’amore tra una donna di settant’anni e un uomo molto più giovane di lei? «Ancora un po’ sì», ammette Ardant, «anche se sempre meno. Nella storia dell’umanità ci sono sempre state coppie libere e coppie che invece seguivano la norma. Ma il rapporto tra il mio personaggio e quello di Melvil non inizia da un’attrazione sessuale, da una notte d’amore, bensì da conversazioni, risate, è un fatto di charme. Poi finisce col diventare anche una relazione sessuale, ma sono soprattutto due spiriti che stanno bene insieme». «È vero», concorda Poupaud, «c’è qualcosa che accomuna i due personaggi. Non saranno mai persone “vecchie”, c’è in loro qualcosa di giovane, di adolescenziale, anche di umoristico. Una maniera di guardare la vita che è simile e li rende interiormente giovani».

Ad avvicinarli ci sono anche i rispettivi lutti. «Il mio personaggio», spiega Poupaud, «ha subito il dramma della morte di un figlio ma non è riuscito a condividerlo, neanche con la moglie», interpretata da Cécile De France. «Quando lui incontra Shauna riesce a finalmente a provare abbastanza fiducia da parlare apertamente di questo dolore, e quindi lasciarsi andare ed essere pienamente se stesso». L’amore tra i due diventa perciò anche un’occasione per riaffermare la forza dei sentimenti umani contro il dolore, la malattia e la caducità della vita stessa. Afferma al riguardo Ardant: «Io non credo che l’amore sia come i soldi, che hai sempre paura che finiscano. La vita può finire, ma non l’amore. La realtà della morte incombe sempre sui nostri personaggi. Lui ha vissuto una grave perdita ed è costantemente in contatto con persone malate, lei ha visto morire la sua migliore amica. Ma questo senso tragico della vita che è breve, e quindi il volerla vivere più intensamente possibile, li unisce».

E i due interpreti sono accomunati a loro volta dalla passione per l’Italia e dal piacere di essere di nuovo a un festival in presenza dopo gli scossoni della pandemia. «Durante la lavorazione del film», dice Poupaud, «parlavamo sempre dell’Italia, dell’amore che abbiamo per questo Paese. Fanny ha lavorato molto con grandi registi e attori italiani, io no, ma mi è sempre piaciuta molto l’Italia e sono felice di essere qui con lei e con Carine, e di ritornare in un festival del cinema. Si sente però che non è come prima, la gente è meno e forse c’è ancora un po’ di timore». D’altro canto, un festival un po’ meno affollato ha anche i suoi lati positivi, come specifica con un sorriso Ardant: «A volte mi chiedevano i video, lo detestavo!».