82 anni, una tempra fortissima, sempre sul set in giro per il mondo: Franco Nero è un’icona del cinema instancabile che ieri sera è stato omaggiato all’Arena Estiva della Casa del Cinema di Roma con il premio alla carriera La Chioma di Berenice CNA, consegnatogli da Antonio Flamini, direttore artistico del Premio Internazionale Cinearti, giunto alla venticinquesima edizione, con la seguente motivazione: “Interprete eclettico, originale e di altissima professionalità, è stato un impagabile protagonista dello spaghetti western italiano, quindi libero da schemi e da pregiudizi: ha appassionato grandi e piccoli con i suoi intensi occhi blu, attraversando il cinema nel più ampio dei modi, dai grandi autori alle pellicole più popolari e commerciali, ma sempre con estrema competenza. A Franco Nero va il Premio Chioma di Berenice alla carriera”.
Più di 200 i ruoli interpretati dall’attore diretto da maestri del cinema di tutto il mondo: da John Huston a Rainer Werner Fassbinder, e poi Sergio Corbucci, Elio Petri, Luis Buñuel, Claude Chabrol, tanti gli incontri che hanno segnato la sua vita, come quello con il leggendario Laurence Olivier, molti i ruoli indelebili, come il mitico Django dell’omonimo cult di Sergio Corbucci, ancora oggi d’ispirazione per film e serie.
Ma per Franco Nero non è ancora arrivato il momento di fermarsi. Lo abbiamo intervistato.
La Chioma di Berenice CNA alla carriera è solo l’ultimo dei tanti premi che ha ricevuto, è sempre un’emozione oppure ci si abitua?
“Ci si abitua, e poi le dico la verità, mi tocco anche le palle perché il premio alla carriera si dà agli attori che non lavorano più, che sono in pensione, e io fortunatamente lavoro ancora molto in giro per il mondo, sono molto richiesto. Naturalmente mi fa piacere e lo aggiungo agli altri, ne avrò circa un migliaio”.
Infatti lei continua ad essere molto prolifico sia come attore che come regista, è come se non respirasse fuori dal set…
“A me piace stare sul set, mi piace stare con la troupe, elettricisti, macchinisti, direttori della fotografia, con gli attori, io quando lavoro non penso mai se il film avrà successo, mi voglio solo divertire”.
È sempre stato così oppure da giovane era un po’ più preoccupato dell’esito del film?
“Ma no, sono sempre stato così sinceramente”.
Ha già in cantiere altri film?
“Sì, due come regista che interpreterò anche, uno si chiama Parsifal, ispirato all’opera di Wagner, e l’altro è un film che si chiama The Secret Lies Within, una storia molto bella tra una coppia di quarantenni, marito e moglie. E poi ho tante proposte come attore, molte le ho già rifiutate, sono diventato molto difficile, alla mia età voglio fare le cose che mi piacciono veramente. Un grande scrittore americano che si chiama John Sayles ha scritto una sceneggiatura, Django lives!, mi hanno proposto di essere il protagonista, di nuovo Django, speriamo di poterlo fare, ancora la produzione non è stata avviata. Sono appena tornato da Londra dove ho girato un film inglese diretto da mio figlio, Carlo Gabriel, con sua madre e mia moglie, Vanessa Redgrave, con la moglie di mio figlio, i nipoti, insomma un film “in famiglia”, e poi ci sono degli attori inglesi straordinari, uscirà il prossimo anno”.
Lei ha praticamente girato tutti i generi, ma ce n’è uno che predilige in particolare?
“No, guardi io penso che quando c’è una bella sceneggiatura, dei bravi attori e buon regista qualsiasi genere va bene. Mi mancava di interpretare il personaggio del Papa e due anni fa ho accettato proprio di girare L’esorcista del Papa con Russel Crowe! Ho fatto film polizieschi, gialli, politici, d’azione, western, horror, mi sono sempre molto divertito, mi piace proprio cambiare anche la faccia, trasformarmi fisicamente”.
Tra tutti gli incontri che ha fatto nella sua vita c’è qualcuno che l’ha ispirata particolarmente, anche nel ruolo che poi ha avuto come regista?
“Ho lavorato con i più grandi registi del mondo: con Buñuel della Spagna, Fassbinder della Germania, ho lavorato con Chabrol in Francia, ha lavorato con Quentin Tarantino. E poi con Elio Petri, era il più grande regista italiano, l’ho sempre considerato il Kubrick italiano, cioè lui ha fatto 10 film tutti completamente differenti uno dall’altro, mentre gli altri facevano sempre lo stesso film, lui invece era sempre innovativo. È logico che lavorando con tutti loro ho “rubato” sempre qualcosa”.
Che cosa si prova ad essere un’icona mondiale, d’ispirazione per grandi artisti come Quentin Tarantino?
“Beh, molta soddisfazione, vuol dire che ho fatto un buon lavoro nella mia vita, vuol dire che ho lasciato il segno. Tarantino è sempre stato un mio fan, me l’ha detto lui, quando aveva 14 anni ha iniziato a lavorare in un negozio di video e ha cominciato a vedere i miei film, a cercare quelli che non arrivavano in America per vederli tutti. Si ricorda ancora le battute, la musica, guardi, una cosa impressionante.”
Del cinema di oggi che cosa le piace? Cosa pensa in particolare del cinema italiano?
“Sinceramente non è che lo seguo molto perché sono sempre in giro per il mondo, però noto che si sta riprendendo, ci sono dei buoni registi, c’è tutta una nuova generazione che fa dei buoni film. Vuol dire che c’è speranza per il futuro. Poco tempo fa ero negli Stati Uniti e ho dato un premio a Matteo Garrone, penso che sia un bravissimo regista, anche lui sceglie sempre degli argomenti particolari”.
Le faccio una domanda un po’ azzardata: secondo lei come sarebbe andata la sua carriera se fosse nato in quest’epoca?
“Guardi non lo so, se vogliamo parlare dell’Italia oggi ci sono dei clan, ci sono dei circoli, se non ne fai parte difficilmente lavori. Io sono invece sempre stato uno spirito libero, e forse avrei più difficoltà a lavorare, poi ai miei tempi la gente sognava l’attore sul grande schermo, voleva la bellezza sullo schermo. Io mi ricordo che andavo al cinema per vedere Marlon Brando, Paul Newman, facce belle, oggi ho visto che vanno più le facce da ragioniere (ride)”.
E lei la faccia da ragioniere non l’ha mai avuta. Forse il sogno del cinema a un certo punto è stato soppiantato dalla televisione, che lei critica nel suo ultimo film da regista, L’uomo che disegnò Dio (uscito nel 2022) …
“Io ho fatto quel film perché volevo mettere a fuoco alcune cose: mi piaceva il mondo dei non vedenti, poi volevo parlare di immigrazione, ci sono una mamma e una figlia africane che vengono in Italia e affrontano una serie di problematiche, quindi il razzismo, poi la solitudine della vecchiaia, ho voluto parlare della TV spazzatura che se ne approfitta delle disgrazie altrui… Purtroppo in Italia il mio film non ha avuto una grande distribuzione, però fortunatamente ho fatto delle buone vendite, è stato preso in considerazione per i Golden Globe in America, però giustamente è stato scelto Io capitano di Matteo Garrone”.
E nel suo film ha scelto di far interpretare una piccola parte a Kevin Spacey, il primo ruolo dopo le accuse di abusi sessuali che hanno stroncato la sua carriera…
“Nel frattempo è stato scagionato sia in America che in Inghilterra. L’America è un popolo strano, non dimentica. Spacey è il più grande attore vivente, è un peccato, quando gli ho proposto un ruolo nel mio film gli ho spiegato che era una piccola parte, e lui mi ha risposto: “Non fa niente, io voglio stare sul set”. Nella vita bisogna sempre dare una seconda chance a tutti”.
Quando si pensa a lei la si associa automaticamente a Django, le fa piacere?
“Sean Connery mi diceva: “Ho fatto tanti film però tutti pensano sempre a James Bond!”. E va bene così, sono sempre considerato il Django originale, l’anno scorso è uscita la mia autobiografia che s’intitola Django e gli altri (edita da Rai Libri), e alla fine del libro faccio un discorso a Django, gli dico “tu mi hai reso popolare in tutto il mondo, però ti dimentichi che ho interpretato personaggi di 30 nazionalità differenti”, insomma un dialogo abbastanza divertente”.
Se potesse invece scegliere come essere ricordato cosa preferirebbe?
“Guardi, ho avuto la fortuna di lavorare coi più grandi attori del mondo, attori americani, inglesi, tra questi il più grande che era Laurence Olivier, che una volta mi disse: “Beh, certo hai un bel fisico, potresti fare sempre l’eroe, come fanno gli americani, pulito, sbarbato, vincente, però che monotonia! Oppure fai l’attore, cambia ruolo in continuazione, avrai alti e bassi nella tua carriera, ma a lungo andare raccoglierai i frutti”. E io ho seguito il suo consiglio”.