Iaia Forte in La prima pietra, commedia sull’integrazione: «Incarno la voce del popolo»

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Una scuola nell’Italia di oggi, dove si mescolano culture e provenienze diverse, incendiate da un piccolo incidente che diventa il pretesto per un attualissimo confronto sul nostro rapporto con l’immigrazione: è la nuova commedia di Rolando Ravello La prima pietra, al cinema dal 6 dicembre e interpretata anche da Iaia Forte. L’attrice, che al cinema ha lavorato con i più importanti registi italiani, da Pappi Corsicato a Paolo Sorrentino, racconta a Ciak il suo ruolo: è la moglie di un bidello (Valerio Aprea) che viene colpito accidentalmente dalla pietra lanciata su una finestra della scuola da un alunno musulmano. «Incarno la voce del popolo», afferma Iaia Forte. «Siamo due bidelli di origine ebrea, quindi abbiamo una tendenza molto forte a difenderci. Siamo un po’ arroccati sulla nostra posizione». Perché i due vengono chiamati a un confronto con la mamma (Kasia Smutniak) e la nonna (Serra Yilmaz) del ragazzino nell’ufficio del preside (Corrado Guzzanti), insieme alla professoressa (Lucia Mascino). Ma, nonostante lo sforzo del preside di mettere tutti d’accordo, le parti finiscono per chiudersi ancora di più sulle loro idee, proprio nel giorno della recita natalizia, simbolo per eccellenza di una tradizione che deve comunque fare i conti con i tanti mutamenti sociali e culturali del nostro paese.

Iaia, come descriverebbe il suo personaggio, la bidella Loretta?

Sono una donna molto concreta, popolare, attraverso un po’ di luoghi comuni rispetto una certa forma di diffidenza verso chi non è immediatamente riconoscibile come “simile”.

Una posizione piuttosto diffusa nell’Italia di oggi…

La sceneggiatura, che parte da un testo teatrale di Stefano Massini, riflette proprio il microcosmo di una società dove attualmente non solo la diversità religiosa, ma tutte le diversità vengono viste con sospetto. È tipico delle società in crisi profonda arroccarsi sui propri individualismi. Non è un film moralista, non dà messaggi, ma aiuta a riflettere su quanto sia dannosa e inutile l’incapacità di ascoltare e accogliere l’altro. Sarebbe importante invece riuscire a condividere, perché la condivisione è un arricchimento da entrambe le parti.

Temi importanti che, però, il film affronta con la chiave della commedia…

Una commedia che, un po’ riallacciandosi alla tradizione delle vecchie commedie, non è vuota di senso e allo stesso non vuole insegnare niente. Sarà lo spettatore a scegliere che parti prendere.

Iaia Forte e Valerio Aprea sul set di La prima pietra

Nella sua filmografia si intrecciano ruoli drammatici e commedie pure, come il recente Una festa esagerata di Vincenzo Salemme. Che rapporto ha con la commedia?

Adoro fare la commedia e, venendo dal teatro, ritengo che sia anche più difficile della tragedia e del dramma. Personalmente da spettatrice sono molto più sedotta dalle nostre vecchie commedie, penso a Steno o Monicelli: avevano una cattiveria e un’intelligenza, non erano contenitori vuoti messi su solo per compiacere il pubblico. Ora c’è una tendenza che non amo, quella delle commedie che devono solleticare i peggiori istinti dello spettatore. E poi le commedie della tradizione italiana erano recitate da grandi attori, che spesso venivano dalla rivista, e quindi il meccanismo della comicità era governato con tecniche precise e sapienti. Ora spesso la commedia becera significa anche l’utilizzo di non attori, ma volti popolari. Personalmente non le amo. Ho fatto Molière in teatro, quello rimane un riferimento per me per la lingua, la capacità di critica sociale senza moralismi, la vivacità e i grandi attori.

Nelle ultime settimane è tornata in tv col gruppo di La tv delle ragazze: che effetto le ha fatto?

Sono stata felicissima di ritornare a vedere delle donne così atipiche. Non amo fare divisioni tra donne e uomini, ma è importante ritornare a vedere della satira in tv, che ora on si vede più. Quella di La tv delle ragazze è un’ipotesi del femminile ancora oggi molto raro nei panorami televisivi. È satira al femminile, con la capacità di far vedere donne affilate taglienti, che sanno ridere di se stesse.

Perché, secondo lei, dopo trent’anni dalla prima messa in onda La tv delle ragazze non è invecchiata e ha riscosso ancora uno straordinario successo di pubblico?

In realtà è invecchiata quasi di più la società degli spettatori televisivi. Spesso il pubblico viene sottovalutato. Lo vedo a teatro, dove faccio letture della Morante, di scrittori particolari, e c’è molto più pubblico desideroso di senso di quello che si pensa. In tv c’è solo mitologia dell’evasione: io sono più per l’invasione delle cose.

Nella primavera scorsa è stata in tournée con Tempi nuovi, lo spettacolo di Cristina Comencini che interpretava insieme a Ennio Fantastichini, appena scomparso. Cosa succederà ora allo spettacolo?

La tournée ripartirà, seppur tristemente. Stanno cercando un sostituto. Per me sarà una cosa molto dolorosa e faticosa. Condividevo non solo il palco con un un grande attore, ma anche il quotidiano delle tournée con un amico trentennale. Ennio era un fratello, un grande attore che portava con sé l’anarchia, la ribellioni, l’idealismo: caratteristiche così poco borghesi e così rare negli attori contemporanei. Mi sembra che con lui se ne sia andato un mondo più rock ‘n roll, più energetico di quello che c’è ora. Per la recitazione Ennio è stato un guado, come Bertolucci per la regia. È stato un tale portatore di irregolarità che il cinema italiano non ha saputo usarlo come avrebbe meritato e dovuto.

La rivedremo a breve anche in televisione?

Girerò con Pappi Corsicato una serie televisiva per Rai Uno, iniziamo le riprese il prossimo 18 marzo. È un family alla maniera di Corsicato: neon – realista.