Il miracolo, Elena Lietti: «Le donne create da Ammaniti sono reali, umane e concrete»

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Il miracolo

Lei è l’inquieta Sole, la moglie di Fabrizio Pietromarchi, il primo ministro italiano. Quarant’anni, due figli e una ricca famiglia milanese alle spalle. Da giovane ha fatto il pilota di Rally, poi si è innamorata di Fabrizio, all’epoca politico emergente di un grande partito di centro sinistra, e si è ritrovata senza volerlo a essere la first lady. Costretta a interpretare un ruolo che non le piace, accanto a un uomo che forse non ama più, si sente inadeguata anche come madre e si consola a colpi di gin tonic. A interpretarla è Elena Lietti, la vera sorpresa della serie Il miracolo, che mette al centro della scena le donne e il loro rapporto con figli e madri.

Il Miracolo

«Sono donne sorprendentemente reali, umane, concrete quelle create da Ammaniti» dice l’attrice, che abbiamo visto ne Il rosso e il blu di Giuseppe Piccioni e ne La pazza gioia di Paolo Virzì e che regala alla sua Sole inquietudine e sensualità, nevrosi e ironia. «Ammanniti è un uomo e mi ha colpito molto la sua capacità di tracciare ritratti al femminile così empatici. Tutte le donne della serie sono piuttosto sofferenti, colte in un momento di crisi di identità e di orientamento». Sole non entra in contatto diretto con il miracolo, ma ne avverte tutta la sua potenza. «C’è qualcosa di misterioso nell’aria e Sole, che non è una donna erudita o intellettualmente sofisticata, ma molto sensibile e intelligente, lo sente. Non è Hilary Clinton né Jacqueline Kennedy, non un angelo del focolare e neppure partecipe della passione politica del marito, ma lei sa: è la prima cosa che mi ha detto Ammaniti».

Il Miracolo

Per la Lietti Il miracolo ci riporta a Shakespeare e alla tragedia greca. «Smuove sentimenti ancestrali, viscerali, sanguigni e al tempo stesso trascendenti, inspiegabili e vivi nella carne. Come nella tragedia i personaggi sono guidati dal fato, anche nella serie siamo mossi da qualcosa di forte, che ci turba profondamente. La scrittura di Ammaniti ha una qualità straordinaria. Sole Pietromarchi non ha nulla da invidiare ai personaggi di Tennessee Williams, mi fa pensare a Blanche DuBois ne Un tram che si chiama desiderio, è un personaggio scritto così bene che ora ho l’impressione di aver interpretato una donna realmente esistita. E la storia mi ha fatto molto riflettere sul monito che arriva alla fine della prima puntata: ogni azione ha le sue conseguenze, che a volte possono essere anche sproporzionate».

Il miracolo

Quello della maternità è un tema forte. «Sole è una donna infantile, una figlia non risolta e una madre inappropriata, con un grande bisogno di amore e attenzione. Un caso clamoroso di arrested development. È abituata al privilegio, è naturalmente snob, a volte meschina, inutilmente antipatica o inutilmente gentile, sempre stonata. Ha due figli, ma non è bravissima a gestirli. Ha un forte desiderio di guidare la famiglia, ma è incapace di farlo. È stata un pilota di rally, una campionessa, e ora vive in una costante astinenza da adrenalina. Ha bisogno di vivere e divertirsi, di “guidare la macchina”, ma è come spodestata dal suo ruolo di capitano con gravi ripercussioni nella vita quotidiana». Un quotidiano che nulla ha di naturalistico. «Tutto è amplificato in un’atmosfera quasi onirica, dove anche il minimo disagio diventa qualcosa di enorme e dove i dialoghi non sono mai banali e ordinari». Guido Caprino è stato per lei grande fonte di ispirazione. «Non si limita a recitare, ma ha cercato di vivere un’esperienza. In due momenti in particolare non sapevo bene con chi avevo a che fare e per questo vorrei dirgli grazie. Ci vuole coraggio a risolvere una scena non accontentandosi di stare nei bordi. E con lui anche io mi sono spinta parecchio lontano dalla mia confort zone».