Io sono l’abisso, Donato Carrisi: «Manteniamo l’anonimato degli attori»

In uscita il thriller tratto dal bestseller del 2020

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Parte con una «richiesta insolita» ma frutto di una «precisa scelta artistica» di Donato Carrisi la presentazione alla stampa di Io sono l’abisso, il terzo film tratto dai suoi romanzi bestseller e in uscita al cinema dal 27 ottobre con Palomar. La richiesta, che proveremo a rispettare seppur facilmente smontabile con una rapida ricerca su internet, è quella di mantenere l’anonimato sui nomi degli attori coinvolti, al fine di «spersonalizzare i protagonisti della storia» e favorire l’immedesimazione del lettore. Un’idea che lo scrittore tarantino ha scelto di attuare a partire dalla stesura del romanzo, nel quale non si rivolge ai personaggi con nomi propri, ma con locuzione generiche, seppur caratterizzanti: «l’uomo che pulisce», «la cacciatrice di mosche» e «la ragazza con il ciuffo viola». Tre identità diverse, quella di un uomo cresciuto in cattività, una madre in lutto e una ragazzina problematica, le cui storie e anime finiranno per intrecciarsi.

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«Le persone dicono bugie, ingannano. La spazzatura no, la spazzatura non mente».

Il killer di Io sono l’abisso è un inquietante netturbino del Lago di Como che usa la spazzatura per leggere i segreti delle persone. Ed è così che sceglie le sue vittime. Per immedesimarsi nel personaggio, l’interprete de «l’uomo che pulisce» ha accolto la richiesta di anonimato, spingendo l’esperienza ad una solitudine notevole, senza cellulare e dialogo sul set, ma che lui, nonostante qualche istinto di disobbedienza, ha concepito come una «grande opportunità per dare valore all’esperienza». Anche per «la cacciatrice di mosche» non è stato difficile annullarsi, racconta: «finito il film, volevo portarmi a casa l’abito. Quando sono tornata nel quotidiano, mi dava fastidio dovermi vestire e guardarmi allo specchio. Ero come scomparsa. Questo ruolo mi aveva dato molta libertà, ci ho messo un po’ ad abbandonarla».

Spezzare il cerchio del male con l’amore

«Il libro nasce da alcuni fatti di cronaca sui quali mi sono a lungo documentato» ha spiegato Carrisi, che per delineare il suo nuovo serial killer si è ispirato ad alcuni dei nomi più noti, da Jeffrey Dahmer a Luigi Chiatti, “il Mostro di Foligno” al quale lo stesso Carrisi ha dedicato la sua tesi dei laurea. «Nei miei studi ho provato spesso compassione per il mostro e volevo che anche lo spettatore potesse provarlo, anche perché non reputo i serial killer esseri mostruosi secondo l’accezione collettivamente condivisa, sono banali e per questo imprendibili».

DONATO CARRISI_Foto di Loris Zambelli

Molto più delle altre due trasposizioni, Io sono l’abisso contamina il thriller con il dramma: «I colpi di scena non sono sulla detection né sugli eventi, ma sui sentimenti – rivela Carrisi – Non volevo ci fossero personaggi bianchi e neri, buoni e cattivi. Il male è un cerchio che si tramanda sempre nella stessa forma e questo cerchio si può spezzare solo con l’amore. Al centro di questo thriller c’è una buona azione, è quella la rivoluzione».