Searching Eva: al cinema il documentario sulla vita segreta della modella e sex worker Eva Collé

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«Non sono più su Tumblr. Guardare lo smartphone ormai ha un effetto devastante su di me! Preferisco frequentare le persone che mi piacciono e mi fanno stare bene. La mia “famiglia” me la sono creata da me, conoscendo alcuni ex follower. In questo momento, faccio soprattutto l’attrice…». A parlarci è Eva Collé (nome d’arte), modella, sex worker, blogger, musicista, ora attrice (sta girando un film tedesco). Dopo la prima al Festival di Berlino, arriva stasera al Milano Film Festival – dal 17 ottobre nelle sale – il documentario su di lei, Searching Eva di Pia Hellenthal. Interessante e disturbante ritratto sui mille volti di Eva. L’abbiamo intervistata al telefono, alla vigilia del suo arrivo da Berlino, dove vive e lavora, a Milano.

Credo che Searching Eva riesca a mettere a fuoco efficacemente diversi tratti della tua personalità che vanno dalla forza alla fragilità. Nel titolo si parla di “searching”, la regista è riuscita a trovarti?

Credo che il film, più che una costruzione dell’identità, sia una vera e propria “decostruzione” di me. Non c’è una narrazione lineare e tutto ruota intorno a diversi temi che mi riguardano: il lavoro, la sessualità, il gender… Alla fine quello che rintracci è un po’ l’idea che gli altri si sono fatti di quello che sono io.

Hai scoperto qualcosa di nuovo di te, ri-vedendoti in Searching Eva?

Non ho scoperto niente di nuovo di me, il film riprende qualcosa che già facevo e condividevo sul Web. Mi ha stupito molto che Pia e gli autori siano riusciti a fare un lavoro di decostruzione del personaggio, senza cristallizzarmi in nessuna delle identità che mi vengono un po’ attribuite dai miei follower o dagli hater.

Uno dei tuoi follower scrive che la tua storia sembra un indie movie. In effetti a volte la tua vita sembra un film di Harmony Korine o di Gregg Araki…

(Ride, nda) Forse sì, ma è tutto vero! Ogni cosa che si vede, così come tutti i commenti dal blog, i miei scritti, i traumi, gli eccessi, ogni cosa è vera. A sei mesi dall’uscita dal film, quando si stava già facendo il montaggio, la regista si è resa conto che non c’era nessuna sequenza con la mia famiglia. Allora sono andata a trovare mia madre e mio padre in Italia, ma anche le scene di vita famigliare, girate ad hoc, sono reali.

Nel film dici che con una prestazione sessuale guadagni più che in 3 giorni di fashion week a Parigi. È vero o è una provocazione?

È un po’ una provocazione, ma parte da una verità. Ero appena tornata da tre giorni di settimana della moda a Parigi, in cui avevo fatto 200 euro con una sfilata e un servizio fotografico per un noto marchio. Tutti mi dicevano: «Wow! Hai sfilato per quel marchio…».  Invece io e altre ragazze stavamo in un ostello con otto letti, ci hanno infilato i soldi in tasca come si farebbe con uno “spaccino”. Quindi  al ritorno ho detto: «Cazzo, se fossi stata a Parigi tre giorni come sex worker ne avrei fatti almeno 600 di euro, se lavoravo una volta al giorno per un’ora!». Ho guadagnato sempre molti più soldi con il sex work che con il modeling, anche per i brand più importanti…

I commenti-didascalie vanno dall’odio puro («Subhuman filth» «Stupid trash») fino all’amore («Vieni a vivere a Dallas con me!»). Il commento che in questi anni ti ha urtato o quello che ti è piaciuto di più?

Grazie a Tumblr ho conosciuto alcuni dei miei migliori amici! Mi avevano scritto i commenti più fichi o divertenti. Invece la merda che mi hanno lanciato gli hater non mi ha mai infastidito più di tanto, ho sempre contestualizzato ogni cosa. Quelli che mi hanno dato più fastidio, per mie insicurezze, forse erano i commenti sulla mia sessualità.

Per esempio?

Mi hanno urtato quelli che dicevano che non era accettabile che io mi considerassi bisessuale, dal momento che mi vedevano uscire soprattutto con uomini. Il mio gender e la mia sessualità li conosco solo io.

Un altro aspetto importante del film è la denuncia del bodyshaming.

Quella è una cosa che mi ha sempre fatto piacere. A un certo punto, alcuni anni fa, avevo proposto ai miei follower di inviarmi foto delle loro parti intime di cui si sentivano insicuri. Molte donne mi hanno inviato foto della loro vagina. Mi hanno scritto che questa cosa le aveva aiutate a prendere coscienza di sé. Era una cosa che partiva da me, perché io stessa ero insicura della “normalità” del mio sesso.

Nel film ti definisci anarchica e femminista. I tuoi modelli di anarchismo e femminismo?

Oggi il movimento “mainstream” femminista mi turba abbastanza. Quando sento qualcuno definirsi “femminista” dico: “Mhm, non mi fido! Cosa intendi esattamente?”. Troppo vasta come etichetta. Per quanto riguarda  l’anarchismo mi sento influenzata dal nichilismo. Ho un background di autonomia e di comunismo, movimento in cui mio padre era molto coinvolto, però mi sono sentita sempre più vicina al movimento anarchico che al comunismo. Mi identifico in una specie di post autonomia con tendenze anarco nichiliste.

Cosa pensi del MeToo?

Questi movimenti mainstream mi lasciano perplessa. La sensazione è che ci sia un po’ di tutto nel MeToo. Fatico a pensare che queste grosse “correnti” funzionino in modo onesto e sincero. Il movimento femminista, ad esempio, è molto diviso tra femministe trans exclusionary o inclusionary

La tua nuova carriera è quella dell’attrice. Cosa stai girando ora?

Sto girando un film tedesco, una storia d’amore. Non posso ancora parlarne, dovrebbe essere pronto per il 2020. Amo recitare anche se praticamente non ho più una vita, faccio solo quello! Però mi piace lavorare e non stare più al telefono!