CANNES VISTA DA HOLLYWOOD

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«Se c’è Woody Allen allora dev’essere proprio il festival di Cannes». È più o meno questa la Weltanschauung americana sul più importante festival del mondo, come dire, pasoliniamente, La terra vista della luna. Perché qui a Hollywood, tra quelli che si ritengono se non gli inventori dell’arte cinematografica, almeno della sua industria, continuano a sopportare a fatica il fatto di non essere mai riusciti a organizzare un festival globale – a parte il benemerito Sundance destinato agli indipendenti, un po’ come un ghetto – e di essere stati superati perfino dai (per loro) insignificanti cugini canadesi con Toronto.

Anche Woody la peste, in fondo ha spiegato alla sua maniera (in riso veritas) quello che pensava dei francesi in Hollywood Ending, con l’apologo del suo regista Val Waxman che gira un film pur essendo diventato cieco con inevitabili scene sfocate, e viene stroncato ovunque meno che in Francia dove invece lo considerano un innovativo e geniale passo aventi nella storia del cinema (e anche quello ebbe il suo battesimo mondiale a Cannes). Fosse per la sua America, Woody avrebbe dovuto smettere, o addirittura nemmeno cominciare, la sua straordinaria carriera di regista (45 film più 1 episodio, in 47 anni).

Il suo film di maggiore incasso negli Stati Uniti è stato infatti Midnight in Paris con 56 milioni di dollari, ma mediamente si scende ad appena 13 milioni. E non è certo un caso isolato tra gli autori di film e non solo di film di supereroi, visto che problemi li hanno non solo gli Anderson (Paul Thomas & Wes), ma perfino l’idolatrato Quentin Tarantino, il cui rapporto di incasso tra Usa e resto del mondo è  circa di 1 a 3.

Marco Giovannini