RE PER UNA NOTTE

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Ci sono film che hanno bisogno di anni per venire alla luce. E non solo per problemi di produzione. Martin Scorsese aveva ricevuto il soggetto di Re per una notte (The King of Comedy) da Paul D. Zimmerman, critico di Newsweek, quando stava girando Alice non abita più qui (1974). Gli era arrivato dopo che ci avevano già messo mano sia il produttore Robert Evans (Chinatown) che il regista Milos Forman.

Scorsese lo aveva letto, ma non si sentiva pronto per portarlo sullo schermo. Al contrario Robert De Niro, a cui il regista di Taxi Driver l’aveva fatto a sua volta leggere, ne era entusiasta. Ma non poté occuparsene per diverso tempo perché sotto contratto per cinque film. De Niro provò a interessare al progetto Michael Cimino, ma quest’ultimo, dopo il disastroso esito de I cancelli del cielo, era caduto in disgrazia a Hollywood. Passarono così altri anni e altre pellicole per Scorsese, prima che il soggetto gli ricapitasse nelle mani nel 1981 e finalmente il film fu messo in cantiere sotto l’ala del produttore Arnon Milchan e della 20th Century Fox, che lo distribuiva. Il soggetto racconta di un aspirante cabarettista, Rupert Pupkin, ossessionato dall’idea di diventare famoso. Fanatico ammiratore del celebre comico tv Jerry Langford (vagamente ispirato a personaggi reali come il famoso enterteiner Johnny Carson), Pupkin cerca prima di conquistare la fiducia dell’uomo poi, visto il crescente fastidio di Langford nei suoi confronti, arriva a rapirlo insieme a una folle fan del comico, in cambio di un momento tutto per sé alla tv.

«Sono sempre stato un grande ammiratore dei comici, gente come Sid Caesar, per esempio. Il comico lavora da solo, senza maschera, alla mercé dei suoi spettatori. Non ha nulla su cui fare riferimento se non se stesso», ha sottolineato Scorsese. «Prima di Toro scatenato non mi sentivo in grado di realizzare il film. Mi sembrava ruotasse intorno a una sola idea, quella del rapimento. Forse ero troppo vicino a Rupert, al punto di essere cieco. Non vedevo nulla da salvare in lui. Il personaggio di Langford, invece, mi sembrava vuoto, inerme, trasparente. Nel suo campo Langford ha realizzato ciò che si era prefissato, io invece da parte mia ero lontano dall’aver raggiunto questo stadio. È dopo Toro scatenato che ho potuto guardare indietro. Ho compreso che anche io, nel mio settore, ero stato ossessionato. Ormai potevo identificarmi con Jerry. Potevo vedere Rupert con i suoi occhi e viceversa. Era una sensazione molto strana, talora terrificante, di potersi dividere tra questi due personaggi».

A interpretare l’aspirante cabarettista nonché stalker c’è ovviamente De Niro, finalmente libero da altri impegni, alla sua quinta collaborazione con Scorsese. Per vestire i panni di Rupert l’attore studiò a lungo le performance del comico Richard Belzer, colonna del Saturday Night Live, più noto da noi per aver interpretato il detective John Much in Law & Order – Unità vittime speciali dal 1999 al 2013. Ma come sempre fece tesoro anche di una sua personale esperienza con un ammiratore ossessivo che per diverso tempo l’aveva tempestato di telefonate. La scelta di Jerry Lewis nel ruolo di Langford fu più meditata. Vennero scartati diversi candidati: il primo fu proprio Johnny Carson, ma si pensò anche a Frank Sinatra, Dean Martin, Sammy Davis jr. e persino Orson Welles. Lewis si rivelò un’ottima scelta, anche se il suo metodo di lavoro era l’opposto di quello di De Niro. Al contrario di lui, Lewis non seguiva alcun metodo di recitazione. Ma non era neppure abituato a quelli di Scorsese. De Niro sperimentò sulla propria pelle la difficile sensazione di esibirsi da soli davanti a un pubblico. Per lui che aveva già dato prove incredibili come nel monologo davanti allo specchio di Taxi Driver i quasi 6 minuti dell’esibizione finale di Pumpkin potevano essere un gioco da ragazzi. Invece fu fatto recitare davanti a un vero pubblico. Ricordava Scorsese: «La gente sapeva soltanto di trovarsi davanti a De Niro che impersonava un comico. Alla fine del ciak l’attore confessò: “Non sono mai stato così terrorizzato in vita mia!“». Il film non ottenne però il successo desiderato: costato 20 milioni di dollari ne incassò solo 2 e mezzo. Rivisto oggi vale per il pubblico quello che fu per Scorsese la prima volta che ebbe il copione: i tempi non erano maturi. Ma oggi, finalmente, sì.