Hometown: Polanski e Horowitz si raccontano per le strade di Cracovia

L'emozionante documentario su due grandi artisti e amici che si riuniscono dopo 50 anni nella città dove sono cresciuti

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Due uomini camminano, i grandi ombrelli sottobraccio, in una giornata di sole. Chiacchierano, ridono, vanno spediti attraverso Cracovia. I due uomini hanno rispettivamente 89 e 83 anni, ma sembrano ragazzini: sono Roman Polanski e Ryszard Horowitz. Un grande regista e un grande fotografo, amici da ragazzi in quella città e poi separati dalla persecuzione nazista degli ebrei. Riaffiorano i ricordi, attraverso foto di famiglia, materiali di repertorio e soprattutto, l’ininterrotto dialogo punteggiato di momenti ilari e surreali.

C’è tutto questo in Hometown: Polanski e Horowitz, il documentario di Mateusz Kudla e Anna Kokoszka – Romer presentato oggi alla Festa del Cinema di Roma alla presenza dei due giovani registi e del produttore Luca Barbareschi, che distribuirà il film in Italia (subito dopo l’uscita del suo altro lavoro con Polanski, The Palace) insieme a Vision Distribution.

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Barbareschi ha spiegato così il suo avvicinamento al progetto: «Conosco Roman dagli anni ’70, da quando era a Los Angeles. Lo reputo il più grande artigiano che abbia mai conosciuto. Mi sono abituato alla sua sensibilità, al suo sense of humor, ma soprattutto alla sua assoluta correttezza nei rapporti. Quando stavamo lavorando insieme a The Palace, mi disse che aveva conosciuto due ragazzi speciali che stavano facendo una cosa molto bella. Ho visto con quanto amore e rispetto guardava il loro lavoro e ho subito intuito che poteva essere una cosa speciale da offrire al mio paese e non solo: sto facendo sì che questo film vada in America e in tutto il mondo».

Camminando come ragazzini per le strade di Cracovia, nella quale non tornavano insieme da oltre 50 anni, Polanski e Horowitz ripercorrono i luoghi del passato e ricordano i momenti difficili della loro vita, durante l’Olocausto, quando Roman era nel ghetto ebraico costruito dai nazisti e Horowitz divenne uno dei bambini più piccoli ad essere salvato da Oscar Schindler. Non sono ritratti come eroi e artisti famosi, ma come persone con un vissuto, i cui successi sono stati preceduti dalle loro esperienze di guerra e totalitarismo, da traumi e alienazione. «È stato un privilegio per noi ascoltare dalle loro bocche quelle storie drammatiche e divertenti – spiegano Mateusz Kudla e Anna Kokoszka – Romer –  È da cinque anni che cercavamo di realizzare questo film, siamo onorati e intimiditi dal fatto che Roman e Ryszard abbiano avuto fiducia in due registi così giovani come noi. La storia dell’Olocausto è particolarmente importante per noi polacchi perché abbiamo le tracce dei combattimenti nazisti sui nostro territori. E, come in tutte le società, ci sono persone buone e persone cattive, polacchi che hanno aiutato gli ebrei e polacchi che invece si sono macchiati di tradimento. L’importante è scegliere da che parte stare».