I nostri ieri, presentato ad Alice nella Città il nuovo film di Andrea Papini

In anteprima alla sezione autonoma e parallela della Festa del Cinema di Roma il terzo lungometraggio del regista, protagonisti Peppino Mazzotta, Francesco Di Leva, Daphne Scoccia, Maria Roveran e Denise Tantucci.

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Tra gli ultimi lungometraggi visti alla Festa del Cinema di Roma, per la sezione Panorama Italia di Alice nella Città, c’è stato I nostri ieri, il nuovo film di Andrea Papini (La velocità della luce, La misura del confine), prodotto da Antonio Tazartes, Marita D’Elia e dal regista, in uscita inizio febbraio per Atomo Film. Una storia, dice Papini, «che indaga il rapporto tra identità e memoria», portandoci tra le mura di un carcere dove alcuni detenuti, guidati dal regista Luca (Peppino Mazzotta), sono coinvolti in un progetto delicato: realizzare un film in cui ricostruiscano, dal loro punto di vista, le rispettive vicende che li hanno portati in prigione. Il primo a doversi cimentare porta anche il caso più scabroso, quello del camionista Beppe (Francesco Di Leva), condannato per l’omicidio di una donna.

Lo spunto, ricorda Papini, nasce «da un vissuto personale: avevo presentato un mio precedente film, La velocità della luce, sempre con protagonista Peppino Mazzotta, al carcere di Rebibbia. Rimasi colpito dall’attenzione che i detenuti avevano per il nostro lavoro». Fondamentale allora «il rapporto tra chiusura e spazi aperti» in un film che vuole essere «l’incontro fra tre emarginazioni: una fisica, quella dei detenuti, una lavorativa, quella del regista in attesa di nuovi progetti, e una affettiva, legata alla sorella della vittima, interpretata meravigliosamente da Daphne Scoccia».

Per il protagonista Peppino Mazzotta la parte ha rappresentato una sfida maggiore rispetto ai precedenti ruoli della lunga collaborazione con Papini, perché, sottolinea, «sapevo che c’era una parte di lui in questo personaggio». Maria Roveran, che nel film è l’attrice incaricata di impersonare la donna uccisa, ha invece affiancato il regista anche nella fase di revisione della sceneggiatura, per poi costruire con lui e Di Leva alcune delle sequenze più difficili del film: «È una dinamica che non può prescindere dall’incontro con l’altro e questo è un film che parla di incontri». Denise Tantucci, a sua volta, è la giovane figlia di Luca/Mazzotta, che lo aiuta «a riflettere sul suo, di passato», spiega, «perché spesso chi lavora per analizzare la vita e il passato di altri tende a non considerare la propria storia».

«Con Andrea ci siamo conosciuti un po’ di anni fa, mi aveva parlato di questo progetto», racconta invece Daphne Scoccia, che definisce il suo coinvolgimento nel film «un seme che poi ha preso forma», permettendole di dare vita a «un personaggio interessante, con un vuoto dentro, una sorella che perde un’altra sorella». Francesco Di Leva, che per rendere più credibile il suo Beppe ha richiamato a sé il ricordo del padre camionista, si ritiene a sua volta «felice di aver fatto parte di questo film delizioso di Andrea Papini», affrontando «un argomento a me molto caro, quello di regalare un’alternativa a chi non l’ha avuta, andare dagli ultimi e dargli la possibilità di esprimersi».

Peppino Mazzotta, Denise Tantucci e Maria Roveran durante la presentazione de I nostri ieri ad Alice nella Città.

Da questo punto di vista, Papini ha tenuto a dare una rappresentazione non stereotipata della quotidianità nelle carceri: «Pensavo che fosse molto più rivoluzionario rappresentare la felicità degli esclusi piuttosto che la costrizione e la violenza». Di grande importanza in questo senso le prove offerte dagli interpreti dei detenuti, Marta Pizzigallo, Vladimir Doda, Denis Campitelli, Domenico Gennaro e Prince Obi. Personaggi fondamentali anche per la maturazione della figura di Luca, nel quale Papini insinua «una critica all’uso spietato che fanno i media dei sentimenti. Il personaggio di Peppino Mazzotta passa davanti a tutto pur di fare il suo lavoro, e piano piano i detenuti gli insegnano qualcosa, è lui che prende più di quanto non dia». Un aspetto del personaggio che, aggiunge Mazzotta, conferisce al film «un dato di umanità reale, non filtrata da schemi e codici: siamo un po’ il bene e un po’ il male, quando entriamo in contatto col desiderio e col bisogno qualche volta non siamo giusti».

La conversazione col regista e il cast de I nostri ieri è stata poi l’occasione per riflettere sullo stato del nostro cinema, soprattutto indipendente: «Faccio fatica a trovare i produttori», confessa al riguardo Papini, «il mio rapporto con la produzione italiana non è una storia d’amore a prima vista». Non a caso, questo terzo lungometraggio del cineasta ha avuto una gestazione lunga, che è iniziata nel 2015 e ha attraversato l’ulteriore impasse della pandemia. Sul valore del cinema indipendente nella propria ricerca artistica hanno concordato le attrici e gli attori presenti. Per Scoccia, «se mi è arrivato questo lavoro è perché devo portare qualcosa agli altri, cercare di smuovere le coscienze, far porre delle domande, quindi è fondamentale che io interpreti personaggi complessi. Se fosse per me, i film da botteghino diventerebbero altri».

«Il fatto che ci siano problemi a livello produttivo nel dare spazio e campo a progetti di film indipendenti influisce anche nelle scelte degli attori. A me piacerebbe dire di poter scegliere sempre film autoriali, purtroppo non lo posso fare “per campa’”», ha detto invece Roveran. «Io scrivo, vorrei anche produrre opere autoriali di un certo tipo», confessa Tantucci, «è un periodo complicato, ci sono tante produzioni, c’è lavoro, ma non di un certo tipo e non per tutti».

«C’è», riflette Mazzotta, «un cinema d’autore, chiamiamolo “mainstream”, di altissima qualità che trova tutte le forme finanziare per esprimersi, e un altro cinema, altrettanto d’autore e di qualità, che queste forme non le trova, e quindi diventa cinema indipendente, perché la persona che vuole esprimersi deve fare molta più fatica per dare vita al suo film». Determinante allora, conclude l’attore, il ruolo della «politica culturale cinematografica, che dovrebbe dare più spazio. Io non credo che non si dia spazio perché l’idea non è buona, non si dà spazio perché l’acqua è poca e poche barche possono galleggiare. Bisogna aumentare l’acqua».