James Ivory, la masterclass di Roma e il premio alla carriera

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Si ha la sensazione che non ami la retorica e forse nemmeno parlare di sé, James Ivory, mentre incontra il pubblico della festa di Roma in una sala Petrassi piena di giovani. Ad esempio, quando gli viene chiesto “Dove si è sentito più a casa?”, lui – che ha girato film in svariati paesi di diversi continenti – risponde laconico: “Negli Usa”. (A volte erroneamente definito un regista inglese, Ivory è invece americanissimo: è nato in Oregon e vive da sempre a NY).

È qui per ricevere un premio alla carriera e per presentare A Cooler Climate, un documentario di cui è regista con Giles Gardner e in cui ripercorre un suo soggiorno in Afghanistan nel 1960. Era tornato in America con un bel po’ di footage e le idee poco chiare su cosa farci. Quelle bobine sarebbero rimaste per 60 anni nel suo disordinato basement, rispolverate ogni tanto, per qualche serata amarcord tra amici. Nel frattempo, aveva fatto l’incontro più importante della sua vita, quello con Ismail Merchant, suo compagno e socio nella casa di produzione Merchant Ivory. Un wasp cattolico e un indiano musulmano a cui poco dopo si sarebbe unita un’ebrea tedesca: Ruth Prawer Jhabvala, sceneggiatrice di molti dei loro lavori. 

Ivory ricorda con orgoglio gli anni come produttore e regista in India, dove faceva film con i soldi delle Major americane, costrette da una legge a reinvestire tutti i loro guadagni nel paese. È proprio lì, racconta, che ha iniziato a conoscere meglio gli inglesi, e apprezzarli. 

E infatti, dopo l’India e qualche lavoro in America, Ivory sbarca in Inghilterra, dove gira i suoi film più amati e celebri: “Camera con Vista” (1985), “Maurice”(1987), “Mr and Mrs Brigde” (1990), “Quel che resta del giorno” (1993). Molti sono adattamenti letterari, ma Ivory nega di avere una predilezione per le storie che nascono dai libri. E racconta che spesso viene a conoscenza di un libro perché qualcuno gliene parla, spesso descrivendolo come depressing.

Gli viene fatto notare che in molte interviste ha dichiarato che il film a cui è più legato è Mr e Mrs Bridge (1990), anche per via di alcune affinità con i luoghi della sua infanzia, ma lui aggiunge che quelli che si è più divertito a girare sono quelli che sono stati più odiati dal pubblico: Jefferson in Paris (1995) e Surviving Picasso (1996). 

L’Oscar che non gli è mai stato dato come regista è arrivato come sceneggiatore di “Call me by your name”, di cui inizialmente avrebbe dovuto essere co-regista, ma che dirigere un film in due è cosa che possono fare in pochi, e non lui, quindi ha preferito scriverlo. 

E “Di camera con vista”, girato a Firenze, racconta che quella era la sua prima volta nella città, e si scusa se c’è uno sguardo turistico, spera almeno che sia quello di un turista colto. E la sala si alza in piedi, per la seconda volta.