Sandro Veronesi e Francesco Piccolo stregati dal grande schermo

In un un tete-a-tete nella Sala Sinopoli i due scrittori si confrontano su scrittura letteraria e cinematografica.

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Il rapporto tra cinema e letteratura è spesso complicato, simbiotico e conflittuale al tempo stesso. C’è chi sostiene che i due linguaggi siano inconciliabili e che in qualche modo l’audiovisivo sottragga sempre qualcosa alla bellezza del libro, e chi al contrario vive di cinema e trasposizione. A tal proposito l’incontro tra Sandro Veronesi e Francesco PiccoloStregati dal grande schermo, oggi alla diciassettesima edizione della Festa del Cinema di Roma – è stato interessante poiché ha visto animarsi un dialogo tra fazioni contrapposte. Se da un lato Veronesi ha trascorso una vita a liberarsi dalla tentazione di farsi sceneggiatore oltre che scrittore, Piccolo ha vissuto in modo molto più sereno il proprio rapporto con la scrittura per il grande schermo.

All’inizio ero spaventato dall’idea del confronto con il cinema” sostiene Francesco, “Pensavo che avrebbe minato in qualche modo la mia creatività… Poi però ho scoperto che non era affatto così, anzi! Passando da una sceneggiatura a un nuovo libro mi sentivo eccitato, per nulla consumato”.

Per Veronesi invece è stato diverso. Dice di essere in qualche modo “guarito da una cinefilia ossessiva che non è amore bensì ossessione. In questo senso mi sono state utili le lezioni di Moravia e Carmelo Bene, che con il cinema non avevano un buon rapporto… è grazie a loro se mi è passata la mania di girare a mio fratello Giovanni le pagine che scrivevo per lo schermo. Lui me le rimandava sempre indietro con una critica che mi faceva uscire dai gangheri. ‘Non funziona, è troppo lento, troppo intellettuale’, mi diceva. Una volta gli ho tirato dietro un casco, per questa cosa. Ma poi ho capito che non per forza un bravo scrittore dev’essere un bravo sceneggiatore e viceversa…”.

Sceneggiare Il Colibrì, film d’apertura della Festa, sarebbe stato per lui impossibile: troppo affezionato alla sua creatura, si sarebbe opposto a un qualsiasi minimo cambiamento rispetto al libro. “Per un periodo Sandro ha lavorato alla Fandango in una stanza accanto alla nostra…” racconta Francesco Piccolo, che insieme a Laura Paolucci e Francesca Archibugi ha sceneggiato il film “…e per noi è stato strano. Insomma, eravamo lì a scrivere le scene e sentivamo la voce dell’autore nella camera accanto, era in qualche modo una responsabilità. Abbiamo rischiato di vederci tirare addosso almeno un posacenere”, scherza. Nondimeno i cambiamenti rispetto alla matrice originaria sono stati minimi: il punto di forza de Il Colibrì, sostengono entrambi, è che chi ha letto il libro riesce a riconoscerlo nel film e viceversa. Nessuna riduzione, nessun taglio estremo. Ed è forse lì la chiave per la riuscita di una trasposizione: se il film narra per immagini le immagini che la letteratura racconta, se ne sostiene e rispecchia l’animo, allora è fatta.