Game of Thrones, la storia di una serie nata da un’eresia

La magia segreta della saga che ha cambiato tutto, ma che nessuno, per anni, ha avuto il coraggio di produrre

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Fino a una dozzina di anni fa, se qualcuno avesse proposto a un broadcaster di realizzare una serie in costume con almeno una quarantina di personaggi principali, in cui i buoni – quando ci sono – muoiono presto, i cattivi trionfano e il fatto di essere fratello e sorella non impedisce di fare sesso appoggiati alla bara del primogenito, e in cui i corvi hanno tre occhi, i morti resuscitano, il personaggio da amare di più è un nano, volano i draghi e gli inverni durano dai tre ai cinque anni – il tutto per un costo medio a puntata di 7-8 milioni di dollari, circa il quadruplo delle produzioni più ricche dell’epoca – quel broadcaster sarebbe scoppiato a ridere, pronunciando compulsivamente la parola “no”. Poi però, nel 2011, HBO negli Usa e Sky in Italia hanno avuto il coraggio di provarci. Ed è nata la saga di Game of Thrones, chiamata in Italia Il trono di Spade.

Un successo senza precedenti che ha cambiato il modo di concepire le serie tv ed è ormai imitatissimo: sono 59 gli Emmy vinti e 160 le nomination per le otto stagioni e i 73 episodi tratti dai Racconti del ghiaccio e del fuoco dello scrittore fantasy americano George R.R.Martin, girati a un costo sempre più elevato mentre milioni di persone nel mondo ne discutevano sui social e si vestivano come i loro eroi per affollare raduni sempre più frequenti.

George R.R.Martin

La storia è nota (le otto stagioni complete sono visibili su Sky On Demand e NOW): in un Medioevo immaginario, cinque famiglie si contendono il potere o provano a non perderlo, tra guerre, agguati, tradimenti, sortilegi, alleanze di comodo e legami familiari che si spezzano, si ricompongono, si sfilacciano, amori che nascono e draghi che crescono, a disposizione dell’ultimogenita della casata un tempo più potente che dietro al sorriso da ragazza nasconde un animo sanguinario. E, attorno a loro, famiglie minori e comprimari di talento: eunuchi astuti, boia senza lingua, parvenue con la passione per l’intrigo, predicatori integralisti, persino bande di crudeli predoni idealisti animate dall’adorazione per un Dio diverso da quelli sui quali sembra reggersi quella cruenta civiltà. E una folla di altre figure, tutte rese credibili da una sceneggiatura e da dialoghi di un livello tale che c’è chi ha creato un quiz in cui individuare frasi di GoT mescolate a quelle di commedie di Shakespeare, dall’esito non scontato.

Peter Dinklage è Tyrion Lannister

Però la forza della saga, la sua capacità di attrarre lo spettatore senza più lasciarlo libero di fuggire da quel mondo immaginario, non si esaurisce nelle vicende di re e principi, famiglie in lotta, bellezze in vendita, lunghi autunni, inverni incipienti e servi traditori. Nè la sua magia deve più di tanto agli elementi tipici del fantasy (giganti, maghi, incantesimi, persino draghi) che pure vengono spruzzati qua e là. L’unicità di GoT è nell’efficacia con la quale le storie di quel Medioevo immaginario si trasformano in apologo senza tempo sulla natura umana, le sue passioni (il sesso, la ricchezza, il potere, la volontà di rimanere vivi), le debolezze (superbia, accidia, lussuria, tradimento, persino l’incesto), le sue paure (strepitosa la sintesi offerta dalla Barriera, l’immenso muro di ghiaccio per tenere al di là delle “terre civilizzate’’ tutto ciò che è diverso dall’uomo comune e lo spaventa, dai “giganti’’ ai “bruti’’, dai “metamorfi” ai terrificanti Estranei, eliminabili solo appiccando loro il fuoco), e lo strisciante bisogno di provare a fare i conti con la propria coscienza, in un panorama in continuo movimento in cui tutto – usanze, cerimonie, leggende, persino il cibo e alcune lingue parlate – viene riscritto per appartenere a un insieme che dia l’idea di esserci stato ben prima che la storia iniziasse e in grado di sopravvivere alla fine stessa della storia. «Nessuno, per anni – ha raccontato Martin – aveva avuto il coraggio di produrre GoT: “Troppo costoso”, “troppo di nicchia”, “troppi personaggi e i troppi fatti narrati”, mi dicevano». Anche questi elementi sono diventati le leve di un successo senza precedenti.