Un “racconto di identità e di scoperta delle proprie radici” che insieme ai classici ingredienti del crime porta avanti un’indagine irrisolta ancora più grande: quella su se stessi. È ciò che contraddistingue Gerri, la nuova serie poliziesca diretta da Giuseppe Bonito, in arrivo dal 5 maggio in prima serata su Rai 1.
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Alla ricerca di se stessi
Tratta dai romanzi di Giorgia Lepore, sceneggiati da Sofia Assirelli e Donatella Diamanti, la serie vede protagonista Gregorio Esposito detto ‘Gerri’ (Giulio Beranek), un ispettore di origine rom che risolve casi sulla costa barese. Trentacinque anni, occhi profondi e aria sfuggente, Gerri è un uomo inquieto con un passato doloroso ancora da elaborare, così come il suo rapporto con le donne, con le quali non riesce mai a legarsi sentimentalmente. Si getta nelle indagini a capofitto, prediligendo casi particolarmente delicati che coinvolgono minori e persone fragili, proprio come specchio del suo essere. «Gerri ha bisogno di ricucirsi, di sapere da dove viene per andare avanti» ha raccontato a Ciak Giulio Beranek. «Si è distaccato dal suo passato, ma poi ci si è riattaccato, partendo dal Goran bambino, orfano, al Gregorio Esposito adulto che si è messo una maschera. La maschera di Gerri». Un personaggio distante da Beranek, con il quale però l’attore non ha faticato a trovare punti in contatto: «mi sono aggrappato alla sua impulsività, che condivido. In cosa siamo diversi? Non mango schifezze, sono super fit con l’alimentazione!»
Di Gerri non c’è donna che non ne subisca il fascino, a parte la vice ispettrice Lea Coen (Valentina Romani), romana, di famiglia ebrea, da poco trasferitasi in terra pugliese. Sarà lei, in maniera imprevista, ad aiutarlo nella sua ricerca di identità. «Quella con Lea non è la classica storia d’amore. Il loro è più un rapporto curativo. Sono molto simili nell’essere diversi: lui genio e sregolatezza, lei ordine e regole» racconta ancora Beranek.
L’arrivo di Lea Coen è decisamente vivace e prorompente. Sembra essere l’unica donna a non cedere subito alla fama da sciupa femmine di Gerri, bello e tormentato, ma sostanzialmente irrisolto ed emotivamente inaffidabile. «Lea ha i suoi problemi e parte con diffidenza nei confronti di Gerri, ma c’è qualcosa che non riesce a controllare. C’è una sensibilità che li accomuna, anche se lei tende a nasconderla. Si fida di quello che sente e questo li farà diventare ottimi complici» ci spiega Valentina Romani, che aggiunge: «trovano un incastro che li fa crescere insieme. La bellezza delle relazioni è anche quella di stare un po’ scomodi per poi scoprirsi». Anche lei, come Beranek, condivide l’impulsività del suo personaggio, ma «Lea è più brava a lasciarsi andare se le cose non sono come se le aspettava, mentre io sono più introspettiva; se sento di aver sbagliato ci ripenso molto».
Il poliziesco per comprendere le fragilità
Gerri si inserisce nel filone di serie poliziesche firmate Rai Fiction, sempre più florido e costellato di titoli che negli ultimi anni hanno spaziato da Imma Tataranni, al Commissario Ricciardi, a Lolita Lobosco, Kostas, Blanca e Rocco Schiavone, per citarne solo alcune. Ma qual è la formula di tale successo? «Credo che il poliziesco contenga in sé l’espediente narrativo migliore per parlare delle persone − spiega Beranek – e in Gerry questa questa cosa è molto marcata. Abbiamo avuto la fortuna di lavorare tutti su dei personaggi molto densi, rotondi e tridimensionali. Il genere ti offre la possibilità di parlare di vite umane, è per questo che la gente ci si affeziona e si ritrova nei personaggi». «Il poliziesco consente al pubblico di vedere le fragilità umane» gli fa eco Romani «e di cercare un modo di combattere sentimenti difficili come la frustrazione e l’impotenza di fronte alle ingiustizie».