Giacomo Ferrara tra “Spadino” e Alfredino

L’attore, giurato al Festival della Commedia di Montecarlo, parla della sua carriera, dal successo di Suburra all’imminente miniserie di Sky sul dramma del piccolo Alfredo Rampi, caduto in un pozzo a Vermicino, nei dintorni di Roma, nel 1981

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Riccardo Rossi gli ha regalato la gioia del debutto al cinema con La prima volta di mia figlia, Stefano Sollima la fama con il suo Spadino, personaggio chiave di Suburra prima nel film al cinema, poi in una serie tv di Netflix, ora Giacomo Ferrara è di nuovo sospeso tra cinema, dove sarà un pugile in Ghiaccio, il film che segna il debutto alla regia di Fabrizio Moro, e la tv dove sarà uno speleologo nella serie Alfredino – Una storia italiana su Sky il 21 e 28 giugno il suo debutto.

«Era il 2014 quando Rossi mi ha scelto per il suo film La prima volta di mia figlia, subito dopo è arrivato Sollima con il film Suburra, e da lì è partito tutto, malgrado abbia avuto un successo maggiore con la serie di Netflix. Spadino è stata la mia porta verso il successo, poi sono arrivati tanti altri ruoli, oltre alla mia partecipazione nella giuria del Festival della Commedia di Montecarlo, un’esperienza bellissima». E se per Ghiaccio ha imparato a tirare di boxe, per  Alfredino ha dovuto studiare da speleologo, per riuscire a stare a testa in giù, infilato in un cunicolo strettissimo, quel pozzo artesiano maledetto che 40 anni fa inghiottì il piccoli Alfredino Rampi.

«In Alfredino per la prima volta interpreto un personaggio realmente esistito, ovvero lo speleologo Maurizio Monteleoni, che in quel giugno maledetto provò a infilarsi nel pozzo artesiano per tentare di salvare Alfredino – racconta Ferrara – È stato uno dei primi ad arrivare sul posto, quasi casualmente, perché non era il primo della lista nella catena di comando, è finito lì perché lo chiamò un amico. Abbiamo ricreato quelle discese nelle viscere della terra in teatro, mi hanno aiutato degli stuntmen, per me è stato uno sforzo fisico enorme, stare a testa in giù per diversi minuti ti dà la sensazione che gli occhi ti escano dalle orbite. E io potevo uscirne quando volevo, mi chiedo ancora come sia stato possibile che quegli uomini siano rimasti lì sotto per tutto quel tempo, che abbiano realmente fatto quelle cose, in spazi ancora più angusti».

Non era nemmeno nato Giacomo Ferrara, in quel lontano 1981, quando l’Italia intera si fermò per ascoltare la prima diretta fiume da Vermicino, dove accorse anche l’allora Presidente della Repubblica, Sandro Pertini. «È una storia che ho sempre sentito – ammette Ferrara – Ma non ne conoscevo i fatti nel dettaglio. Di certo c’è stato un susseguirsi di sfortune, il nostro racconto è fatto con grande sensibilità, ci fermiamo a quello che è stato, siamo stati molto rispettosi verso la famiglia del bambino. Credo sia giusto raccontare storie come questa che ci  hanno segnato, come ne sono state raccontate tante altre». Diretta da Marco Pontecorvo , la serie prodotta da Sky e da Marco Belardi per Lotus Production, è la prima a cui la famiglia Rampi ha dato il proprio benestare: a vestire i panni della signora Franca è Anna Foglietta, Francesco Acquaroli è Nando Broglio, il vigile del fuoco che provò a tenere compagnia ad Alfredo durante quelle terribili ore, Luca Angeletti è il padre di Alfredo, Beniamino Marcone interpreta Marco Faggioli, uno dei pompieri accorsi sul luogo della tragedia, mentre Massimo Dapporto è il Presidente Pertini.

«Il regista non ci ha richiesto assolutamente di emularli – sottolinea Ferrara – A livello di sceneggiatura sono stati molto bravi a definire il carattere di ognuno, quindi è stato un lavoro molto personale. Personalmente ho parlato con Maurizio Monteleone, è un anarchico, uno che se ne frega delle figure al di sopra di lui, molto passionale, che si batte per la propria idea». Completamente diverso il ruolo che Ferrara avrà in Ghiaccio, il film nelle sale dopo l’estate che Fabrizio Moro ha scritto e diretto con Alessio de Leonardis, dove sarà un giovane a cui la vita non fa sconti, che si salva grazie al pugilato. «Mi sono follemente innamorato del pugilato per interpretare questo ruolo – conclude l’attore – Ho fatto duri allenamenti per tre mesi, anche se si tratta di una disciplina che richiede anni di pratica. Il pugilato è molto simile alla recitazione, richiede tanto sacrificio, tanta pratica, non si smette mai di imparare, si perfeziona sempre».