I fratelli De Filippo, storia d’arte e di riscatto

Sergio Rubini, regista de "I fratelli De Filippo", racconta come e perché è nato questo film

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Sergio Rubini sul set de "I fratelli De Filippo"

“Questa famiglia è entrata nella mia vita quando ero ragazzino, quando per la prima volta mio padre mi portò a teatro a vedere “Sabato, domenica e lunedì” con Eduardo”. La storia del film I fratelli De Filippo, in sala solo il 13, 14 e 15 dicembre con Lucky Red, per il regista Sergio Rubini parte da molto lontano.

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“Per me il teatro coincide con Eduardo ed Eduardo è il teatro”: così Rubini, che ha lavorato tanto per il cinema quanto per il palcoscenico, spiega la sua profonda passione per l’opera e la storia dei De Filippo. Da ragazzo ebbe modo di conoscere Peppino, il più piccolo dei fratelli, il quale gli raccontò dei profondi dissidi familiari che avevano caratterizzato la storia professionale e personale dei De Filippo, a cominciare dal difficile rapporto con il padre, il commediografo napoletano Eduardo Scarpetta, che non volle mai riconoscere quei suoi tre figli nati da una relazione extraconiugale.

Giancarlo Giannini ne “I fratelli De Filippo”

Nel film il personaggio Scarpetta, interpretato da Giancarlo Giannini, dice al figlio Eduardo: “Tu sei la punizione mia. Io non ti ho dato il cognome, ma tu ti sei rubato l’arte” e Rubini commenta: “Scarpetta è stato grande, ha fatto un grande lavoro di riforma del teatro, però dal punto di vista umano ha fatto tanti guai. Da circense inglobava tutta la sua famiglia, anche quella allargata, in questa sua specie di macchina teatrale, però poi nella pratica faceva due pesi e due misure: c’era la famiglia di serie A e la famiglia di serie B. Alla fine ha così profondamente ferito i De Filippo da generare in loro questo desiderio di riscatto. Scarpetta ebbe la consapevolezza che i De Filippo lo avrebbero scavalcato”.

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Rubini, che negli anni ha operato un grande lavoro di ricerca sulla storia dei fratelli De Filippo, racconta che i tre crescendo sentirono fortemente l’esigenza di riscattarsi da questa loro origine illegittima: “La loro è la storia di una famiglia in un certo senso disagiata, emarginata, che però, grazie alla coesione, al talento e alla tenacia con cui i tre fratelli vogliono affermarsi, riesce a farcela. Mi sembra una storia anche emblematica per il nostro Paese”.

Il regista aveva in mente di raccontare l’intero arco della storia dei De Filippo che va dal 1900, anno in cui nacque Eduardo, e termina nel 1944, anno in cui la loro compagnia si sciolse definitivamente, e spiega che la sua prima intenzione era quella di realizzare una serie televisiva: “Inizialmente con Agostino Saccà, produttore del film, volevamo fare una serie. Poi la serie si è resa complicata per via dei tempi e così abbiamo deciso di raccontare questo segmento di storia che termina nel 1931, anno in cui i fratelli fondano la loro compagnia. Se da un lato è stato interessante raccontare con quanta difficoltà hanno raggiunto il successo, dall’altro sarà anche interessante raccontare come poi hanno sostenuto questo successo fino al 1944”.

Questa prima parte della storia narra la gioventù e gli esordi dei fratelli De Filippo: “Ho raccontato la nascita del trio come se fossero i Beatles – spiega Rubini con entusiasmo -, perché volevo mostrare che questi tre ragazzi, che noi abbiamo sempre visto in bianco e nero, polverosi, monumentali, invece sono stati giovani, donnaiolo, a colori, spregiudicati riformisti, moderni e traditori, perché per rivoluzionare hanno dovuto anche tradire tanto. La loro capacità di trasformare le ferite in opportunità era una cosa che secondo me andava raccontata”.

“Questo film – conclude Rubini – mette di nuovo in primo piano l’autore, la sua umanità. Eduardo ci racconta cos’è un autore e la sua importanza”.