Profeti, il regista Alessio Cremonini: «uno strano lockdown sotto l’ISIS»

Il regista racconta il film con Jasmine Trinca nei panni di una reporter rapita dall'ISIS

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Jasmine Trinca, Profeti

Le sole persone che possono cambiare questa mentalità sono le donne”, a parlare è una combattente curda intervistata da Jasmine Trinca nei panni di una giornalista italiana nel film Profeti di Alessio Cremonini (Sulla mia pelle, 2018). Profeti, in sala dal 26 gennaio con Lucky Red, è la storia di Sara Canova (Trinca), inviata di guerra, rapita dall’ISIS durante un reportage in Siria, e di Nur, la giovane foreign fighter moglie di un miliziano del Califfato, che la tiene prigioniera nella sua casa costruita in un campo di addestramento.

Alessio Cremonini spiega a Ciak che il film ha origine dal desiderio di affrontare la questione femminile unito alla passione per il Medio Oriente che il regista nutre da anni. “Profeti è nato sotto il periodo della pandemia e racconta uno strano lockdown, inteso in un senso metaforico, perché essere rapiti è il più atroce dei lockdown e lo è ancor di più se si è donna”, dice Cremonini.

Nel suo precedete film, Sulla mia pelle, vincitore di 5 David di Donatello, il regista aveva raccontato con successo il tragico caso di Stefano Cucchi, ma c’è un filo rosso che accumuna quell’opera al suo nuovo lavoro: la prigionia. “Mi interessa la prigionia e il modo con cui ci si rapporta ad essa. Questa volta ho voluto esplorarla dal punto di vista femminile”, continua Cremonini.

Mossa dal desiderio di proselitismo e su ordine del leader del campo, Nur, interpretata dalla giovane attrice esordiente italo iraniana Isabella Nefar, tenta di convertire Sara e di farla aderire all’estremismo islamista. In quella casa blindata, in un opprimente silenzio rotto solo dal rumore degli spari e dal richiamo alla preghiera, due mondi femminili si incrociano e si confrontano: da un lato quello più moderno e libero di Sara, dall’altro quello conservatore, rigido e sottomesso di Nur.

La violenza che Sara è costretta a subire è di tipo più psicologico e la sua storia è ispirata a quella dei tanti giornalisti inviati nelle zone di guerra e rapiti sotto regimi dittatoriali. Per raccontarla Cremonini si è avvalso dell’aiuto di Susan Dabbous, giornalista italo-siriana, esperta di questioni medio orientali. “Con Susan abbiamo attinto alla letteratura relativa alle vicende degli ultimi 10 anni. Lei stessa ha subito un rapimento, ma il film è lontanissimo dalla sua esperienza”, precisa il regista.

La storia di Sara e di Nur è anche il frutto di una attenta ricerca di realismo da parte di Cremonini che afferma: “Non amo che si veda troppo la mano del regista nei film. Cerco sempre di essere come un vetro pulitissimo che si affaccia su una stanza. Soprattutto mi interessa molto che si veda la bravura degli attori come Jasmine Trinca, che considero una delle artiste più brave, o Isabella, che ha realizzato un ottimo esordio”.

In Profeti la stessa Trinca non si preoccupa del proprio aspetto e con naturalezza mostra sul volto del proprio personaggio tutta la fatica e la durezza di una professione che richiede un prezzo altissimo da pagare per essere svolta. Anche la scelta della lingua originale del film, girato tutto in inglese, è funzionale a questa ricerca di autenticità, far parlare gli attori in italiano secondo il regista non li avrebbe aiutati ad entrare nel clima della storia.

Muovendosi tra le anguste mura della casa che tiene prigioniera la protagonista, Profeti racconta un aspetto del mondo medio orientale diverso anche da quello presentato dalle cronache e in realtà molto più vicino a noi di quanto possa non sembrare. “Il cinema è un grande viaggio – conclude Cremonini – Esistono storie che possono portare in luoghi lontani mentre mostrano ciò che accade a due passi da noi”.