Isola del Cinema, la parola passa alle donne

Una prospettiva interamente al femminile chiude la prima settimana al Cinelab, con le registe Jane Devoy e Azadeh Bizargiti che ci raccontano la loro visione del mondo contemporaneo

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Woodgirls: a duet for a dream

Quella del Cinelab a Roma è una piccola sala; allestita sulla sponda opposta dell’Isola Tiberina, non sembra avere nulla a che fare con l’Arena Lexus. Se la prima settimana di Festival si è lì conclusa con il terzo sold-out di fila per Gli idoli delle donne (Lillo e Greg/Eros Puglielli), al Cinelab si è respirata un’atmosfera diversa.

Il pubblico, qui, è ridotto ma attento. Le persone si tengono per mano e si bisbigliano commenti all’orecchio. Ci sembra di fare un salto indietro nel tempo e di essere – più che in un lab – in un vecchio cine-club. Se all’arena si ride qui si getta un occhio sul mondo, si entra in contatto autentico con l’alterità.

Protagoniste della serata le registe Jane Devoy e Azadeh Bizargiti, rispettivamente autrici di Chatter (cortometraggio del Regno unito) e Woodgirls: a duet for a dream (co-produzione Iran/Repubblica Ceca). Da un lato, dunque, esperienze e realtà vicine al nostro mondo (la scoperta di una nuova percezione della natura attraverso l’esperienza del lockdown), e dall’altro un documentario collocato in un luogo lontano anni luce nello spazio e nel tempo.

Le woodgirls (Leila Avakh e Sedigheh Momennia) sono donne iraniane che hanno deciso di fare della falegnameria la loro professione. Nell’introduzione al film la regista (attivista, scrittrice e poetessa) racconta di quanto le donne siano spesso costrette a lottare più degli uomini – soprattutto in Iran – per poter vedere realizzati i propri sogni.

“Questo documentario è simbolico. Mostra come le protagoniste – che semplicemente decidono di fare un mestiere ‘non adatto a loro’ secondo l’opinione comune – debbano affrontare una mole quasi insostenibile di difficoltà e interfacciarsi con una mentalità maschilista talmente interiorizzata da coinvolgere persino donne di generazioni precedenti alla loro”.

È un racconto crudo, toccante, che parte colmo di speranze e si fa via via più aspro. Ci si sente quasi contaminati dalla frustrazione delle protagoniste: le vediamo lavorare, lottare insieme e poi litigare quando la pressione si fa insostenibile. “Ci dicono che siamo donne come se fossimo lebbrose, non ci permettono di imparare”, sostiene Momennia a metà del film. L’unico modo che hanno di farlo è “Guardando; provando e sbagliando”. A discapito del sostegno – a metà – ricevuto dalle famiglie, queste donne si ritrovano a dover combattere contro le istituzioni che negano loro la licenza per esercitare. Unico barlume di gioia, a un certo punto, è il laboratorio femminile di falegnameria da loro realizzato – il primo in assoluto in Iran.

Azadeh Bizargiti ci ha spronato, ieri notte, a non demordere e a inseguire i nostri obiettivi contro ogni ostacolo. Un invito poetico, se si pensa che una delle stanze del Tempio di Esculapio, proprio sull’Isola Tiberina, era dedicata al sonno e al culto dei sogni. La serata, densa di riflessioni, si è chiusa col riverbero delle parole della cineasta ancora nell’aria: “Spero davvero che un giorno ogni persona al mondo, a prescindere dal suo genere, possa realizzare i propri sogni… piccoli o grandi che siano”.

Anna Grazia Cervone