Con il patrocinio di Amnesty International Italia, in occasione dell’anniversario della morte di Mahsa Amini, donna iraniana deceduta il 16 settembre 2022 in seguito all’arresto per la mancata osservanza della legge sull’obbligo del velo, è al cinema dal 19 settembre La bambina segreta. Presentato nella sezione Panorama al Festival di Berlino 2022, il film del regista iraniano Ali Asgari traccia un ritratto dell’Iran contemporaneo e della generazione dei millennials che lo abitano, in lotta per il riconoscimento dei loro diritti in uno Stato repressivo, partendo dal coraggio di una ragazza madre che dovrà ricorrere a misure estreme per nascondere la figlia illegittima ai propri genitori.
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IL FATTO
Fereshteh è una studentessa che per mantenersi lavora in una tipografia a Teheran. I suoi genitori lontani però non sanno che la ragazza ha una figlia di due mesi che secondo le leggi iraniane è da considerare illegittima in quanto non riconosciuta dal padre. Quando un giorno all’improvviso Fereshteh non può più sottrarsi ad una visita a sorpresa da parte dei suoi, è così costretta a cercare qualunque modo per nascondere l’esistenza della sua bambina almeno per una notte. Nell’arco di poche ore la ragazza, con l’aiuto della sua sveglia amica Atefeh, deve organizzare tutto in modo che sparisca ogni traccia della piccola dalla sua vita. Le cose però non vanno secondo quanto la giovane donna si era aspettata e la situazione nel corso delle ore si va via via complicando sempre di più. Fereshteh, Atefeh e la piccola bimba che sta tutta dentro una borsa sono costrette ad una vera e propria odissea da un capo all’altro di Teheran.
L’OPINIONE
Dopo una serie di cortometraggi di successo, premiati a Cannes e Venezia, e prima del noto Kafka a Teheran (2023), con tutte le pesanti conseguenze che ne sono poi seguite, nel 2022 il regista e sceneggiatore iraniano Ali Asgari aveva realizzato un altro piccolo ma eccellente film, La bambina segreta (Until Tomorrow), presentato nella sezione Panorama della Berlinale. Il cortometraggio da cui il film prende spunto, La bambina (2014), aveva un finale diverso, più amaro, ma per Asgari la storia della giovane Fereshteh a Teheran poteva avere un esito diverso.
Il titolo originale del film in persiano significa “fino a domani”. Fino a domani è la speranza di un giorno più, un altro giorno ancora di quiete prima di dover fare i conti con una tragica e irragionevole realtà che costringe le donne iraniane a non avere nemmeno il diritto di essere madri senza un uomo che in qualche modo le autorizzi e legittimi ciò che per natura e per istinto desiderano essere e di fatto sono.
La storia di Fereshteh si svolge nell’arco delle poche ore di una giornata, la camera segue i suoi movimenti, i suoi spostamenti convulsi, carichi di agitazione e privi di una riflessione vera e propria. Da un piano all’altro del suo palazzo sistema e disperde pacchi e valigie tra le vicine carichi delle piccole cose della sua bambina, prima di iniziare un lungo e sempre più disperato pellegrinaggio attraverso la città con la sua leale amica Atefeh in cerca di un posto sicuro in cui lasciare la piccola solo per una notte. Il suo è un girovagare instancabile e a tratti irragionevole, come irragionevole è il motivo che la costringe a farlo, che costringe una giovane donna a nascondere o meglio disperdere ogni traccia dell’esistenza di una figlia considerata illegittima perché partorita da una donna senza marito.
Asgari segue i movimenti di Fereshteh da vicino, ne coglie gli sguardi, prima persi, confusi, poi disperati e infine decisi, carichi di quella forza inaspettata che una madre, anche giovanissima, sa tirar fuori di fronte allo stato di vera necessità. E il personaggio che il regista ritrae non è un’eroina in lotta contro un sistema, ma semplicemente una giovane donna, una singola persona che per affermare un proprio diritto e un dovere a cui non vuole sottrarsi in realtà combatte contro una ideologia e un sistema sociale contorto, brutale e inumano.
Non ci sono nel film di Asgari discorsi programmatici, l’assurdità di leggi repressive e di una folle cultura patriarcale traspaiono in modo efficacissimo dai pochi, pochissimi e semplici dialoghi delle due giovani donne e dalle brevi risposte e piccole azioni delle persone che interagiscono con – o più spesso contro – di loro.
Asgari, con l’aiuto dell’ottima interpretazione della protagonista, Sadaf Asgari, e di una fotografia pallida e spenta su una città fredda e respingente, riesce soprattutto a lasciare il senso di un amore naturale e spontaneo costretto a lottare contro un sistema insensato e spietato.
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