L’abbaglio, la recensione del film di Andò con Servillo, Ficarra e Picone

Dal 16 gennaio al cinema

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Salvo Ficarra e Valentino Picone, L'Abbaglio recensione
Salvo Ficarra e Valentino Picone, L'abbaglio

L’abbaglio è ambientato nel 1860 e narra le vicende della spedizione dei Mille in Sicilia. Nel film diretto da Roberto Andò e da lui scritto con Ugo Chiti e Massimo Gaudioso, al cinema dal 16 febbraio con 01 Distribution, Toni Servillo, Salvo Ficarra e Valentino Picone tornano insieme a mescolare comicità, storia e dramma, dopo il successo de La Stranezza.

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IL FATTO

Nel 1860 Giuseppe Garibaldi inizia da Quarto l’avventura dei Mille circondato dall’entusiasmo dei giovani idealisti giunti da tutte le regioni d’Italia, e al colonnello palermitano Vincenzo Giordano Orsini affida una manovra diversiva per far credere al comandante svizzero dell’esercito regio di star battendo in ritirata dall’isola. Tra i tanti militi reclutati ci sono due siciliani, Domenico Tricò, un contadino emigrato al Nord, e Rosario Spitale, un illusionista. Inizia così una partita a scacchi giocata sul filo dell’imponderabile, il cui esito finale sarà paradossale e sorprendente.

L’OPINIONE

Ispirandosi a una vicenda storica reale ma poco nota, quella della colonna Orsini (più volte ricordata da Sciascia), Roberto Andò, che scrive nuovamente con Chiti e Gaudioso e può contare su un considerevole sforzo produttivo, torna a mescolare verità e immaginazione per alimentare la prima grazie alla seconda, e scovando inevitabilmente nel passato quelle promesse mancate che non hanno smesso di pesare sull’Italia di oggi.

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La grande ambizione del Risorgimento e la grande illusione franata dietro troppi compromessi si incontreranno su un tavolo da gioco. Come già ne La stranezza, il personaggio reale è affidato a Servillo, quelli di finzione a Ficarra e Picone, che interpretano egregiamente i rispettivi ruoli tra commedia, dramma e western, azione e riflessione, ritrovando la complicità del film precedente.

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Ma un applauso va anche a Tommaso Ragno e Leonardo Maltese. Bisogna arrivare al bellissimo finale per comprendere al meglio il senso del titolo del film, che non si riferisce solo all’inganno con cui Orsini riuscì a depistare Jean-Luc Von Mechel (Greggory), ma a una delusione ben più dolorosa e profonda.

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Il già citato La stranezza di Andò e Noi credevamo di Mario Martone, dove Servillo interpretava Giuseppe Mazzini.

RASSEGNA PANORAMICA
voto
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