Life Is (Not) A Game, il regista: «Di Laika mi ha subito affascinato il suo anonimato, così come il suo look»

Due anni di storia recente raccontati attraverso gli occhi di Laika, street artist romana di cui non si conosce l'identità

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Life Is (Not) A Game, esordio alla regia di Antonio Valerio Spera, non è un convenzionale documentario sull’arte, né un classico biopic, è piuttosto il racconto degli ultimi due anni mostrato attraverso gli occhi di Laika, street artist che ha colto e raccontato i momenti, i personaggi e le sensazioni del singolare periodo della pandemia. Cercando di riproporre e rispecchiare l’estetica delle opere dell’artista, il film si presenta con un’impronta pop, fatta di contaminazioni e omaggi, in bilico costante tra ironia e profondità d’analisi.

Il titolo del film prende spunto dal titolo delle opere realizzate dall’artita sulla rotta balcanica: Life Is Not A Game. Il poster è una denuncia esplicita della violenza esercitata dalla polizia sui migranti che provano il cosiddetto Game, come viene definito il tentativo di attraversare il confine con la Croazia. La scelta del titolo, con l’uso delle parentesi nella negazione, vuole evocare la doppia anima dell’artista, fra ironia e impegno sociale.

Cadenzato dai video-appunti amatoriali realizzati dalla stessa Laika, con cui l’artista, nel tempo, ha documentato le varie tappe del suo percorso creativo e i suoi commenti sui fatti più importanti che hanno segnato il drammatico biennio 2020-2021, il film vuole essere una riflessione sulla contemporaneità e sull’arte come filtro di lettura di quest’ultima.

Il regista Antonio Valerio Spera ha commentato così la realizzazione del film:

Life Is (Not) A Game rappresenta il mio esordio alla regia. Osservando le opere di Laika che comparivano sui muri di Roma, ho immediatamente colto nel suo stile un atteggiamento che si incontrava alla perfezione con il mio modo di concepire l’arte: semplicità, messaggi diretti, sottile ironia, tutto però sempre sotteso da un’importante denuncia sociale. In più, mi ha da subito affascinato il suo anonimato, così come il suo look da “supereroina del popolo”. E ho pensato che Laika potesse essere un affascinante personaggio cinematografico, che potesse essere la perfetta protagonista di un racconto filmico sui nostri tempi. Così ho sentito l’esigenza di “giocare” con lei, di usarla come filtro per una riflessione sulla contemporaneità.”

SINOSSI

Due anni di storia recente raccontati attraverso gli occhi di Laika, street artist romana di cui non si conosce l’identità. Ironia, provocazione, denuncia le sue cifre stilistiche. La pandemia dilaga, il virus e le sue conseguenze sociali diventano i temi ricorrenti delle opere dell’artista. Ma quando termina il lockdown e il pianeta rimane assorbito dal terrore per il Covid19, Laika intraprende un viaggio lungo la “rotta balcanica” per restituire voce e volto al mondo degli “invisibili”.