L’uomo dei sogni, il compleanno di un cult inaspettato

Ogni 29 aprile un anniversario che fa commuovere e pensare. La storia di un piccolo film entrato nel cuore

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L'uomo dei sogni

Era il 29 aprile del 1989 quando debuttava negli Stati Uniti un piccolo film destinato all’eternità. Field of Dreams, ovvero L’uomo dei sogni, era tratto da un romanzo di William P. Kinsella dal titolo Shoeless Joe, al secolo Joe Jackson, giocatore di baseball degli anni Dieci che insieme ad altri sette compagni della squadra dei Chicago White Sox fu protagonista di una delle più dolorose ferite della storia degli Stati Uniti.

Detta così chissà cosa mai potranno avere fatto dei giocatori di baseball, se non vendersi alla mafia ebraica di Chicago le World Series, le finali del campionato americano del 1919.

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Apparentemente un normale scandalo sportivo, ma nel tessuto sociale e nella memoria storica statunitense si tratta di una macchia indelebile, di cui scrissero negli anni Francis Scott Fitzgerald ed Ernest Hemingway, fino a Philip Roth.

Il baseball, il passatempo americano per eccellenza, lo sport che ogni padre e ogni figlio giocano nel giardino di fronte casa, davanti gli occhi di una moglie e madre orgogliosa e baciata dal sole del tardo pomeriggio, era stato tradito.

Eppure, Shoeless Joe Jackson vantò la più alta media di battuta nella storia delle World Series e professò la sua innocenza. Non servì, fu radiato per sempre dal baseball professionistico.

William Kinsella ha sempre creduto alla sua innocenza, per questo nel romanzo costringe un agricoltore, Ray Kinsella, a distruggere il suo campo di grano per costruirci un diamante su cui far giocare nuovamente quella squadra straordinaria e “lenire il suo dolore”. Ma per farlo dovrà anche attraversare l’America, rapire il più grande scrittore vivente e far battere da professionista il medico condotto di un paesino.

Tutto questo accade nel romanzo e anche nel film, diretto da Phil Alden Robinson e con protagonista Kevin Costner, all’epoca sex symbol e lanciatissimo, prima ancora del trionfo di Balla coi lupi, vincitore di sette premi Oscar.

Nonostante Costner, e un cast composto da Amy Madigan, Ray Liotta, James Earl Jones e Burt Lancaster alla sua ultima interpretazione, il film parte in sordina al box office, ma nel corso delle settimane il passaparola si fa incessante. Alla fine porterà a casa 64 milioni di dollari e tre nomination all’Oscar, come miglior film, sceneggiatura non originale e colonna sonora, magnifica ed evocativa, di James Horner.

In Italia arrivò proprio sull’onda delle candidature, ma con una distribuzione praticamente invisibile da parte della Cecchi Gori. Il baseball nel nostro paese è sempre stato uno sport misterioso e la distribuzione non credette assolutamente in una storia che era di fatto tutta americana. All’apparenza. Ma così non è.

Come il campo di baseball, Ray Kinsella ha costruito negli anni anche il suo pubblico e L’uomo dei sogni è diventato un film di culto. Merito di molte cose, ma soprattutto dell’alone di magia e misticismo che lo avvolge e dei molti messaggi che manda al pubblico.

L’uomo dei sogni è un film sulla famiglia, sul rapporto padre-figlio, ma è anche, e forse soprattutto, un film sulla colpa e la redenzione, non solo di otto giocatori di baseball, ma di una nazione intera, sanguinante e colpevole, e che per lavarsi la coscienza farebbe qualunque cosa.

Come dice sul finale Terence Mann, lo scrittore recluso che Ray rapisce minacciandolo con un dito (nel romanzo è J.D. Salinger, che però non diede il permesso di usare il suo nome per il film):

“Pensa quanta gente, Ray. Verranno per motivi che non sapranno neanche spiegare. Imboccheranno il tuo viale senza comprendere il perché. Arriveranno alla tua porta innocenti come bambini, colmi di nostalgia. ‘Venite, non ci dispiace che guardiate in giro’ gli dirai. ‘Sono 20 dollari a persona’. E ti daranno i soldi senza pensarci un attimo. Perché i soldi li hanno. È la pace che gli manca.”

La voce di James Earl Jones, la musica di James Horner, una scrittura potente. E la consapevolezza che quella pace manca a tutti, per un motivo o per un altro.

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Infatti, è venuta un sacco di gente. L’uomo dei sogni è diventato più di un film, è un inno alla speranza. Ogni anno, in quel campo di grano diventato un diamante, si gioca una partita per celebrare il film e soprattutto la vita. Quella che è stata. Quella che sarà.

E alla fine, l’unica cosa che viene in mente è sempre la stessa: vuoi giocare con me?