Se nei primi episodi di M – Il Figlio del Secolo abbiamo assistito all’ascesa al potere di Benito Mussolini e del fascismo, dalla fondazione dei Fasci di combattimento nel 1919 fino all’ingresso dei “figli del nuovo secolo” in Parlamento, i nuovi episodi (tre e quattro, disponibili su Sky dal 17 gennaio) ci portano direttamente nell’Italia terrorizzata dalla lotta tra classi, in cui Mussolini fomenta disordini e violenza per destabilizzare le istituzioni e farsi così strada a passo di marcia (su Roma) verso il governo.
Dopo il Duce di Luca Marinelli, la Rachele Mussolini di Benedetta Cimatti, il Cesare Rossi di Francesco Russo e la Margherita Sarfatti di Barbara Chichiarelli (qui la nostra video intervista) conosciamo meglio anche nuovi protagonisti (e interpreti) come l’Italo Balbo di Lorenzo Zurzolo (Baby, Prisma, La storia) il Giacomo Matteotti di Gaetano Bruno (Fargo, Noi siamo leggenda, Mission: Impossible – Dead Reckoning) e il re Vittorio Emanuele III di Vincenzo Nemolato (Martin Eden, La chimera, Supersex). Li abbiamo intervistati.
Responsabilità, passione civile e politica
«È un ruolo che mi ha permesso di conoscere meglio la figura di Re Vittorio» racconta Vincenzo Nemolato «e comprendere che i meccanismi liberali e democratici necessitano di persone che hanno una propensione verso la presa di responsabilità».
Giacomo Matteotti per Gaetano Bruno è stato un uomo dalla «grande passione civile e politica», unita al suo essere anche «un padre di famiglia». «È un personaggio la cui passione resta fortissima, ha investito le sue energie sia da un punto di vista affettivo, come padre di tre figli e marito, sia da un punto di vista politico». Per Lorenzo Zurzolo, classe 2000, è stato fondamentale e altresì difficile interpretare il «violento e spietato» Italo Balbo, «cercando di non giudicarlo e allo stesso tempo di non restarne affascinato». «Sono stato supportato da degli attori e da un regista fantastici».
Se da un lato la serie rispecchia la frenesia di quei tempi in cui «si stava cambiando la storia», sul set, ammettono gli attori, il clima era decisamente più rilassato. «Nonostante fosse un set enorme con dei grandi professionisti, c’era molta rilassatezza». Merito anche del regista Joe Wright, che insieme all’impegno, anche nelle scene più concitate e drammatiche, ha cercato di tenere alto il divertimento e il senso di importanza di tutti, anche in scene con oltre duecento comparse. «Per Joe era comunque importante divertirsi e ha travasato questo suo desiderio su tutti noi con grande maestria e sapienza. È stato un progetto di cui siamo tutti orgogliosi».