Martin Scorsese alla Casa del Cinema: «Bertolucci? Una divinità, volevo essere come lui»

Una platea gremita per l'incontro romano del grande cineasta che ha presentato la rassegna Carta Bianca

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«Solo chi conosce, studia e tutela il passato è capace di innovare e guardare al futuro. Poche persone meglio di Martin Scorsese sono riuscite ad essere amanti e cultori del passato e allo stesso tempo visionari innovatori». Così il sindaco di Roma Roberto Gualtieri ha accolto sul palco di un gremito Teatro Ettore Scola, la grande arena all’aperto immersa nel parco di Villa Borghese alla Casa del Cinema, Martin Scorsese, ospite d’onore della serata per la presentazione della (sua) rassegna Carta bianca.
Scorsese ha presentato il programma – da lui stesso selezionato – davanti a centinaia di fan, accorsi a sentirlo parlare di cinema e di quei film che hanno costituito, per il suo lavoro, una fonte d’ispirazione.

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«Carta bianca è una sorta di viaggio che ci porterà alla prima del nuovo film di Scorsese»  ha spiegato il presidente di Fondazione Cinema per Roma Gian Luca Farinelli. «È un mappa delle relazioni che vede tra i suoi film e quelli degli altri, un vero e proprio viaggio nella storia del cinema. La citazione di Scorsese diventa la sua lingua, non è mai un copiare, ma un trasformare».

Queste le coppie di film proposte dal cineasta: Chi sta bussando alla mia porta e Shadows di John Cassavetes, Mean Streets e Prima della Rivoluzione di Bernardo Bertolucci (30 maggio); Il colore dei soldi Il sorpasso di Dino Risi (31 maggio); Quei bravi ragazziOcean’s Eleven di Lewis Milestone (1° giugno); Cape FearThe Night of the Hunter di Charles Laughton (2 giugno).

Per ogni coppia, Scorsese ha motivato così le sue scelte:

Il colore dei soldi e Il sorpasso

Il sorpasso è un film meraviglioso e vivo, impreziosito dalle straordinarie performance di Vittorio Gassman e Jean-Louis Trintignant. Oltre ad essere ben fatto, tratta alcuni vecchi valori dell’Europa dopo la seconda guerra mondiale. Troviamo un uomo scapestrato che cerca di corrompere un uomo più giovane. Il colore dei soldi a sua volta è un storia di bugie, di grandi inganni.

Chi sta bussando alla mia porta e Ombre

L’unica relazione tra il mio film e quello di Cassavetes è che quando ho visto quella pellicola mi sono detto ‘non ci sono più scuse’, se si può fare un film in questa maniera con quelle poche apparecchiature che Cassavetes ha usato, con quel tipo di produzione, non c’è bisogno di aspettare un grande studio che te lo produca. Serve solo una grande passione. Chi sta bussando alla mia porta non può essere paragonato ad un capolavoro come Ombre, però nasce dalla stessa passione.

Mean Streets e Prima della Rivoluzione

Vidi Prima della Rivoluzione al New York Film Festival. Avevo 23 o 24 anni. Rimasi commosso dalla visione, non tanto per una questione politica. Allora ero troppo giovane per capire la natura della politica dell’Europa dell’Est nel post Guerra. Mi ispirò tanto. Ero lì quando Bertolucci ha assistito alla proiezione stampa. Tutti gli scattavano delle foto e io lo osservavo come una divinità, un genio. Mi affascinava. Provavo ambizione, volevo essere come lui e rimasi sopraffatto dalla potenza della bellezza del suo film. Volevo essere pronto anche io, ma non lo ero. Mi ci vollero tanti anni e tanto lavoro, fui licenziato diverse volte, ma alla fine il risultato è arrivato con Mean Streets. In quegli anni vidi anche Accattone [diretto da Pasolini con Bertolucci  aiuto-regista], ma l’impulso a creare mi è venuto guardando Prima della Rivoluzione.

Sulla genesi di Mean Streets, aggiunge Scorsese:

Ci ho impiegato 5,6 anni, è stato Cassavetes a darmi il coraggio di farlo. Mean Streets è in parte autobiografico, soprattutto per il personaggio di Charlie [interpretato da Harvey Keitel]. L’improvvisazione è nel dialogo tra De Niro e Keitel nel retro del bar all’inizio del film. Fu De Niro a spingere per l’improvvisazione, conosceva bene la gente del posto e voleva far vedere quant’era bravo a farla sempre franca. Divenne il fulcro del film. Non pensavo che il film sarebbe uscito in sala, ma almeno mi son detto “lo faccio”.

E vi racconto questa sull’uso del linguaggio volgare: al New York Film Festival era l’unico film ad usare quel tipo di linguaggio, io ero con i miei genitori, mia madre fu presa d’assalto dalle domande e continuava a dire: “A casa nostra non parliamo con tutte quelle parolacce! Non so chi gliele abbia scritte!” Era vero, a casa non ci era permesso di usare quel linguaggio. Lo avevo preso dalla strada.

Cape Fear e The Night of the Hunter

Cape Fear è un tentativo di entrare nel mainstream del genere horror-thriller con un gusto gotico del sud. Nel film esploro sia la paura che permea ogni momento sia il senso di penitenza ed espiazione che sono all’interno della famiglia. E poi arriva lui, Max Cady, che come un tuono tira fuori quest’angoscia. The Night of The Hunter è un capolavoro irraggiungibile grazie anche all’interpretazione di Robert Mitchum.

L’incontro con Fellini

Nel corso della serata, Scorsese ha ricordato anche il suo primo incontro con Federico Fellini:

«Il nostro primo incontro fu ad un Festival a Sorrento. Lo incontrai lì per la prima volta insieme a Coppola che stava lavorando a Il Padrino. Rividi Fellini una seconda volta a Roma, nel suo studio. Era la mia prima volta in città, me ne ero andato a fare il turista finché l’ultimo giorno non andai a trovarlo. Gli dissi: “Maestro ho tenuto lei e la Cappella Sistina come ultime cose da vedere”. Un suo amico gli fece notare. “Federico sei diventato un monumento noioso!”. Gli chiesi quale fosse il ristorante migliore di Roma e lui mi portò da Mamma Cesarina”». Scorsese ha poi rivelato della mancata occasione di girare un documentario insieme: «Ci siamo visti per tanti anni, volevamo fare un documentario con Universal sui mestieri del cinema, focalizzandoci sulla figura del produttore. Purtroppo Federico è venuto a mancare poco dopo e non lo abbiamo più fatto».