Una serie in cui si parla di maschi, “ma anche molto di coppie”, come dice Matteo Oleotto, che l’ha diretta insieme a Letizia Lamartire (“non dà delle risposte, ma ti fa porre tante domande”) e che sullo schermo si è affidato a Maurizio Lastrico, Matteo Martari, Francesco Montanari e Pietro Sermonti per quanto riguarda il lato maschile, e a Thony, Sarah Felberbaum, Laura Adriani e Alice Lupparelli per le loro compagne e/o controparti. Una versione italiana – e diversa – della Machos Alfa spagnola alla quale si ispira che potete vedere dal 21 maggio su Netflix.
LEGGI ANCHE: Maschi veri, i personaggi della versione italiana di Machos Alfa
Otto episodi nei quali i personaggi principali attraversano varie fasi ed affrontano scoperte e prove non facili, da soli e insieme al proprio compagno/a – senza trascurare i figli – come ci raccontano gli stessi interpreti coinvolti. E nei quali i registi ammettono di aver “cercato di dare una dimensionalità più complessa alle figure femminili, perché fossero personaggi in grado di mettere in difficoltà i nostri protagonisti in chiave di commedia”.
“È arrivato il tempo di cambiare, – dice Oleotto parlando dei maschi di oggi. – C’è stata la fase della decostruzione dalla mascolinità tossica, ma ora è il momento della ricostruzione, su cui mi sembra che siamo ancora un po’ indietro“. “Ho avuto tanta tenerezza per gli uomini, a partire da mio padre e mio nonno, però credo che il modo migliore per noi donne di aiutarli sia dire no… – aggiunge Laura Adriani. – Se io mi fermo a quella tenerezza non faccio bene a me e non faccio bene a loro, né al futuro della nostra società“.

Chi sono i Maschi veri?
MARTANI: Massimo ha un po’ l’idea dell’uomo che non ha bisogno di chiedere mai, con un’identità ben precisa, chiara, è una sorta di supereroe, quasi senza superpoteri.
LASTRICO: Un aspetto interessante di questa serie, e lo si vede in Mattia, è proprio il maschilismo tossico delle persone che si documentano, e anzi cercano di spiegare agli altri come si dovrebbero comportare. Qualcosa che ritrovo in me. Spero che il pubblico riesca a ridere di questa cosa, e magari a mettersi in discussione.
SERMONTI: Con Pietro io avevo proprio bisogno di raccontare la storia di una persona lontana da me, lontanissima, per certi versi. Credo che per Luigi il vero maschio sia l’uomo che fa tutto ciò che ogni donna sognerebbe, anche se poi dimentica ‘solo’ l’amore, il corpo della donna che ama. Quando ho letto la sceneggiatura, ero molto contento che Thony mi tradisse, poi, quando l’ho girata, non lo sono stato, ma per niente! Il mio personaggio, apparentemente il più mansueto e meno “virilone”, in realtà è quello più pericoloso, per questo suo dimenticarsi di tenere vivo l’amore per la donna che ama.
MONTANARI: Pensando a Riccardo, mi viene in mente che sebbene si parli di maschilismo tossico, parliamo anche del permetterlo da parte del femminile, di come una donna concede ancora, volontariamente e culturalmente, la possibilità a un uomo di essere maschilista. E penso che il personaggio di Sarah stia con lui perché lo vuole migliorare.
Come superare l’incomunicabilità tra uomo e donna e creare una relazione sana?
SERMONTI: Come Pietro direi che bisognerebbe che gli uomini, i giovani, avessero un po’ meno paura di essere fragili, di denunciare questa cosa e di lavorarci su, perché le persone fragili sono pericolose. Ho la sensazione che questa parità di cui si parla, sia stata rapidissima, arrivata in un paio di generazioni, ma anche molto normativa piuttosto che nella sostanza. Per me una società che funziona bene è una società in cui una donna di notte non ha paura di tornare a casa, non quella che ha delle leggi e se devo essere sincero non mi sembra che molti governi in occidente la pensino come me. E credo che questi facciano parte di una reazione a una enorme possibilità di libertà, è una reazione, ed è patologico e pericoloso non dire che si ha paura. Non teniamo conto del fatto che i ragazzi, maschi, sono sottoposti a una pressione e a un obbligo di performatività spaventosi, ma il problema c’è, e io lo sento tantissimo. Avendone parlato con una mia amica terapeuta penso sia fondamentale dire ai maschi, ai ragazzi, e farlo dire anche alle donne, che se uno non sta bene, fa male agli altri, per cui di farsi aiutare. Quando poi, finalmente, una donna, vestita come vuole, non avrà paura di tornare a casa da sola alle 3 di mattina, mi sentirò a casa anch’io.
MONTANARI: Trovo tutto estremamente legittimo e condivisibile, ma pensando al mio piccolo, alle esperienze relazionali mie e di amici, vedo che quando ci sono problemi si tende a minimizzare con “è carattere, siamo fatti così”… Ma proprio di recente ho scoperto, sulla mia pelle, che la paura di dichiarare certi aspetti della propria personalità rischia di far perdere la grande opportunità di un momento critico, di onestà e autenticità, con sé stessi. Io fino a 40 anni mi sono trovato sempre in situazioni in cui mi sono seduto sulla difficoltà relazionale, e sono scappato. Alle volte sono scappato io, alle volte ho accettato la fuga dell’altro, raccontandomi che comunque la vita è piena di conoscenze e via dicendo, ma oggi, che ho vicino una persona cui tengo veramente tanto, capisco il senso dell’ascolto in una coppia, che credo sia alla base anche di altri rapporti, nelle amicizie e in generale.