Sono stato in Calabria in estate per assistere alle ultime riprese di Sandokan, la nuova serie prodotta da Lux Vide in collaborazione con Rai Fiction, diretta da Jan Maria Michelini e Nicola Abbatangelo. A Lamezia Terme, in mezzo al nulla, in un lembo di terra a pochi chilometri dall’aeroporto, sono state perfettamente ricostruite le ambientazioni dei romanzi di Emilio Salgari: Mompracem, l’immaginaria isola del Borneo, il Consolato Britannico, il cottage di Lady Marianna, le prigioni di Labuan, l’infermeria e persino un piccolo bordello di Singapore, perché questa volta conosceremo anche le origini di Sandokan e della sua famiglia, quasi un prequel della storia della Tigre della Malesia.
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“Abbiamo trovato una chiave di ingresso nuova che parlasse al presente, alla contemporaneità. Abbiamo scoperto nei romanzi di Salgari che Sandokan, oltre ad essere l’eroe che tutti conosciamo, poteva affrontare anche temi attuali come l’inclusione, la diversità, il colonialismo, lo sfruttamento delle risorse, l’impatto ambientale”, racconta Maria Pia Ammirati direttrice di Rai Fiction, che conferma l’importante impegno economico per questa produzione, reso possibile solo grazie all’intervento di più investitori internazionali.
In attesa del primo ciak mi addentro in uno dei roventi capannoni costruiti per l’occasione, per sbirciare nel reparto sartoria dove stanno lavorando alacremente una quindicina di persone. “Non abbiamo attinto al vecchio guardaroba – ci raccontano i costumisti Angelo Poretti e Monica Saracchini – perché altrimenti si rischiava di fare dei paragoni con il passato. Sentivamo la necessità di fare una cosa veramente nuova anche se poi alla fine abbiamo trasformato dei vestiti vecchi e riciclato differenti materiali, dalle tovaglie ai giubbini di jeans, seguendo un’onda diciamo ecologista. Del passato abbiamo ritrovato solo alcune armi, qualche pistola e la sciabola del sultano”.
Vicino ai container destinati agli attori, forniti di ogni confort, compresa l’indispensabile aria condizionata, incontriamo Edmondo Amati, line producer della Lux Vide, che nelle 15 settimane di riprese ha fatto in modo che la macchina organizzativa funzionasse al meglio: “Questo è il backlot più grande che si sia mai realizzato non solo in Italia ma credo anche in Europa. Abbiamo iniziato da zero utilizzando anche maestranze calabresi. Ci sono voluti circa 3 mesi e mezzo con squadre che hanno lavorato 14-15 ore al giorno perché qui non c’era niente, era un terreno arato. Abbiamo dovuto fare tutto: gli impianti, i servizi, l’acqua, le fogne e portare la corrente. Abbiamo impiegato una cinquantina di persone tra costruttori, carpentieri, falegnami, patinatori, pittori, stuccatori, invecchiatori, etc. Quando finiremo le riprese tutto verrà lasciato così come è”. Diventerà una sorta di Cinecittà del sud gestita direttamente dalla Calabria Film Commission dell’iperattivo Anton Giulio Grande.
Arriviamo finalmente sul set. Ci troviamo nel Consolato britannico di Labuan progettato dallo scenografo Luca Merlini, nello studio di Lord Willonk interpretato da Owen Teale, che avrà un duro scontro con la figlia, Lady Marianna, l’esordiente Alanah Bloor, alla presenza del Sergente Murray, il bravissimo John Hannah.
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Il regista Jan Maria Michelini porta a casa la scena in soli tre ciak. Tra una pausa e l’altra la giovane attrice in disparte, indossa gli auricolari per riascoltare le sue battute e studiare la scena successiva. Ci spostiamo nelle prigioni di Labuan dove finalmente appare in tutto il suo splendore Sandokan: quel gran figo di Can Yaman vestito da Tigre della Malesia fa la sua figura.
Non abbiamo dubbi che con questo ruolo farà una ulteriore strage di cuori. Con lui il suo odiato antagonista Sir James Brook, interpretato da Ed Westwick, apparentemente il più nervoso sul set. Probabilmente l’attore inglese è quello che accusa maggiormente il caldo asfissiante di questi giorni, anche perché in scena è il più vestito. Ad un certo punto chiede alla produzione di poter non indossare la pesante giacca prevista in scena e rimanere semplicemente in camicia. Date le circostanze roventi, regista e costumista acconsentono. E si inizia a girare.