Netflix, l’antirazzismo, il Messico e la commedia artigiana: ecco chi ha vinto davvero ai Premi Oscar 2019

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BlacKkKlansman, Black Panther, un Green Book che in realtà è un Black Book= Black Oscar…. E, come di consueto, tanto Mexico. È la quarta volta in appena cinque anni= Messico e favole… Non sarà contento del risultato di questi Premi Oscar 2019 il presidente Trump, dileggiato anche da ben due Razzie Awards, uno come peggiore attore dell’anno per i documentari Death of a Nation: Can We Save America a Second Time? e Fahrenheit 11/9, in cui interpretava se stesso; e un altro per la peggior coppia, insieme “alla sua infinità meschinità”.

 

 

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Olivia Colman stands with her 2019 Oscar for Best Actress. #Oscars

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Sorprese vere e proprie non ce ne sono state, perché è vero che tutti davano per inevitabile l’Oscar a Glen Close, al settimo tentativo (una sorta di Oscar alla carriera, di compensazione, come erano stati quelli di Leonardo DiCaprio per Revenant-Redivivo e di Kate Winslet per The Reader-Ad alta voce, probabilmente non la loro migliore interpretazione, ma semplicemente, rispettivamente la quinta e la sesta nomination). Ma è altrettanto vero che, giudicando solo sulla base dei loro due film in gara, l’interpretazione di Olivia Colman in La favorita era superiore a quella di Glenn Close in The Wife-Vivere nell’ombra.

 

 

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@alfonsocuaron has his hands full with his three #Oscars tonight.

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Più complicato il discorso su Roma, che molti davano favorito anche come miglior film tout court, dopo aver già vinto il miglior film straniero. Ma un’accreditata cospiracy theory, grande passatempo made in Usa, voleva che per gli Studios un film che ne minava del tutto la superiorità, consegnando di fatto la chiave del futuro a Netflix, fosse particolarmente indigesta. Quindi una dramedy come Green Book, impegnata ma anche popolare e di buoni sentimenti, era un’ ottima alternativa.

Netflix esce comunque ugualmente trionfatore dalla serata (Oscar ad Alfonso Cuarón anche per regia e fotografia, quando finora il bottino era di una unica statuetta nel 2018 per il documentario Icarus).

 

E grazie a Green Book invece si colma drasticamente il gap fra artigiani e artisti, visto che il Peter Farrelly dei 2 Oscar (miglior film e miglior sceneggiatura originale), è lo stesso vituperato per circa 20 anni dai critici per aver diretto insieme al fratello Bobby, blockbuster di umorismo demenziale come Scemo & più scemo, Tutti pazzi per Mary, Io, me & Irene, Amore a prima svista, ecc.

Premi Oscar 2019 >> TUTTI I VINCITORI

Altro “avvicinamento” su cui meditare è la certificazione dell’osmosi fra cinema e tv, perché i quattro attori vincitori vengono tutti dai serial: Olivia Colman, Regina King, Rami Malek, Mahershala Ali.

Altre vendette covate a lungo? Il primo Oscar competitivo per Spike Lee (in 33 anni solo una statuetta onoraria alla carriera) e la riscossa di un’intero genere: Black Panther è il primo film di supereroi nominato come miglior film, e il primo a vincere ben 3 Oscar (costumi, production designer, colonna sonora).

Se ci si aggiunge la statuetta per il film animato di Spider-Man: Un nuovo universo, l’edizione di quest’anno potrebbe anche essere intitolata Audace colpo dei soliti supereroi. È stato anche l’anno delle “lacrime sul viso”: Olivia Colman, Regina King, Lady Gaga, non hanno saputo resistere all’emozione, e la platea li ha seguiti con gli occhi umidi.

Marco Giovannini

Questa vignetta che celebrava la vittoria di Guillermo Del Toro con “La forma dell’acqua”, è tornata di attualità quest’anno con i 3 Oscar di Alfonso Cuaron per Roma. Lui era stato il primo a vincere nel 2014 con Gravity, seguito da Alejandro González Iñárritu nel 2015 con Birdman o (L’imprevedibile virtù dell’ignoranza) e nel 2016 con Revenant-Redivivo. Poi era toccato a Del Toro nel 2018. Ora con Cuaron il ciclo “Que viva Mexico!” ricomincia?