Solo un terzo dei film ha per protagonista una donna: la ricerca NUOVOIMAIE

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Il cinema, e più in generale l’audiovisivo, parla ancora al maschile, in alcuni casi in modo clamoroso. Sono i risultati della prima ricerca esclusiva in relazione ai ruoli interpretati da donne e uomini realizzata da NUOVOIMAIE, organismo di gestione collettiva dei diritti di proprietà intellettuale degli Artisti Interpreti Esecutori. Fondato e gestito da soli artisti, si occupa di riscuotere e distribuire i diritti ad attori, cantanti, doppiatori, musicisti, direttori d’orchestra. I dati sono stati presentati dal presidente Andrea Miccichè insieme a Margherita Buy, Marco Masini e Dodi Battaglia.

La ricerca estesa su 84 paesi si concentra si 63.235 opere che hanno generato 315.617 ruoli interpretati.

I ruoli da comprimari femminili sono 160.378 (33,77%) contro i 314.602 degli uomini (66,23%). Più o meno simile la differenza per i ruoli da attori primari: le donne ne occupano 98.412 (37,30%), gli uomini 165.458 (62,70%). In totale le parti maschili sono 480.060 (64,97%) a fronte dei 258.790 (35,03%) delle parti femminili.

Dati che confermano l’allarme e fanno riflettere per il ruolo, ancora fortemente discriminatorio, delle donne nel mondo dello spettacolo. Un’industria che recita al maschile, ma soprattutto progetta, pensa, scrive, produce al maschile, relegando le donne a un ruolo secondario. Una costante che si ripete inesorabilmente in tutto il mondo.

I dati italiani regalano però una prima sorpresa: il nostro paese, tra quelli selezionati, è quello in cui la forbice, tra ruoli occupati dalle donne e dagli uomini è meno accentuata. In Italia si registrano infatti 75.874 (37,69%) ruoli da comprimari per le donne a fronte di 125.425 (62,31%) per gli uomini. Sono invece 45.499 (39,98%) i ruoli da attori primari per le donne a fronte di 68.619 (60,02%) per gli uomini. In totale 121.573 ruoli femminili (38,52%) contro i 194.044 (61,48%) maschili.

Le nazioni in cui le differenze tra uomini e donne sono maggiori (sempre ovviamente a vantaggio dei ruoli maschili) sono i Paesi Bassi (+48,16%), seguiti dagli Stati Uniti (+45%), al centro delle polemiche sulle differenze di genere nell’ultimo anno. A seguire, in questa speciale classifica ‘discriminatoria’, il Regno Unito (+39,82%), la Francia (+36,32%), la Russia (+35,44%), la Svezia (+29,54%), il Canada (+27,6%), la Germania (+27,54%) e la Spagna (+25,16%), l’unico Paese ad avvicinarsi ai livelli dell’Italia.

NUOVOIMAIE ha elaborato i dati anche per fasce d’età. In quella compresa fino a 17 anni i ruoli da comprimari femminili sono stati in totale 8.469 (41,94%) contro gli 11.724 maschili (58,06%). La forbice donna/uomo si riduce fino a quasi la parità nella fascia d’età tra i 18 e i 34 anni, il periodo evidentemente in cui il cinema trova più interessante rappresentare l’universo femminile. Al contrario la differenza si allarga man mano che l’età aumenta, fino ad arrivare al 47,28% per i ruoli primari dai 55 ai 67 anni di età. Una tendenza confermata in Italia dove addirittura nella fascia d’età 18-34 anni si rileva una superiorità numerica di ruoli femminili (52,19%) rispetto a quelli maschili (47,81%). Superiorità che viene totalmente ribaltata man mano che dalla giovinezza si entra nella maturità, fino ad arrivare alla fascia d’età 55-67 anni in cui i ruoli maschili rappresentano il 72,76% contro il 27,24% di quelli femminili con una differenza abissale di 45,52%. Una tendenza che diventa quasi ‘feroce’ negli Usa: nella fascia d’età 18/34 la differenza a vantaggio degli uomini è di 16,98%, nella fascia d’età oltre i 67 anni la percentuale di ruoli femminili è appena del 16,74% contro l’83,26% di quelli maschili.