Dopo l’Empire Award per la Miglior commedia al Paddington del 2015 e il riconoscimento conquistato da Hugh Grant per la sua “Miglior performance comica” nel sequel del 2018 (altro che il ruolo che interpreta nel prossimo Heretic), il simpatico orsetto inglese ritrova le proprie origini in Paddington in Perù, terza avventura per il cinema, diretta da Dougal Wilson, al suo esordio alla regia. In sala da giovedì 20 febbraio – prodotto da Sony Pictures e distribuito da Eagle Pictures – e nel quale insieme al ritorno della famiglia Brown, guidata ancora da Hugh Bonneville ed Emily Mortimer, assistiamo all’apparizione di due new entry particolarmente divertenti, quella dei due cattivi interpretati da Olivia Colman e Antonio Banderas.
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IL FATTO
La zia Lucy è sparita dalla casa di riposo per orsi in Perù e Paddington non può certamente stare a Londra senza fare niente. Accompagnato da tutta la famiglia Brown parte quindi alla volta delle Ande alla sua ricerca. Il viaggio si trasformerà ben presto in un’avventura, complice una misteriosa mappa con, naturalmente, una X sotto cui scavare. Sulla sua strada Paddington & co. incontreranno una suora canterina e un avventuriero senza scrupoli.
L’OPINIONE
Era una battuta geniale quella offerta a Pedro Pascal ne Il talento di Mr. C, quando dice che il film più bello che abbia mai visto è Paddington 2. Ma, scherzi a parte, la seconda incursione cinematografica dell’orso più amato del Regno Unito, e forse del mondo intero, è davvero un grande film. Non poteva che esserci quindi un po’ di apprensione nell’accogliere questo terzo, orfano di Paul King che ha abbracciato la causa Wonka. Ma l’eredità lasciata è importante, e l’esordiente Dougal Wilson non dissipa l’impianto visivo costruito negli anni.
Ma soprattutto è lo spirito, cosa più importante, a essere rimasto intatto. Paddington in Perù è un perfetto film per famiglie, ricco di buoni sentimenti, trovate divertenti, intrighi, in questo caso anche location esotiche, e magnifici interpreti. La serie ha perso la signora Brown originale, Sally Hawkins, sostituita egregiamente da Emily Mortimer e sono cambiati anche i cattivi interpretati da Olivia Colman (ci ha preso gusto dopo Wonka) e Antonio Banderas, che si cimenta anche nell’arte del trasformismo con grande autoironia.
Al di là delle questioni tecniche, va sottolineato come la saga di Paddington abbia dei valori produttivi di assoluta eccellenza: quello che conta davvero è il messaggio che porta al pubblico l’orsetto che prende il nome dalla stazione ferroviaria londinese. Paddington è un campione di inclusività e di accoglienza, due cose che nella congiuntura contemporanea vengono troppo spesso dimenticate, anche dalla stessa Gran Bretagna che adottò quest’orsetto peruviano nel 1958. Oggi forse lo avrebbe deportato in Rwanda. Consigliamo caldamente di restare fin dopo i titoli di coda, ci sono due scene extra che fanno ben sperare per quanto potrà accadere in Paddington 4.
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SE VI È PIACIUTO PADDINGTON IN PERÙ, GUARDATE ANCHE…
Se non li avete visti, recuperate i primi due film, entrambi diretti da Paul King, il secondo con un Hugh Grant insuperabile.