Cile – Il mio Paese immaginario, Patricio Guzmán racconta il suo doc con gli occhi delle donne

Intervista a Patricio Guzmán regista di Mi paìs imaginario (My Imaginary Country), Proiezione Speciale del Festival di Cannes, in sala dall'11 settembre con I Wonder

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Patricio Guzmán, Cannes 2022

Documentarista e narratore d’eccellenza della travagliata storia del Cile degli ultimi cinquant’anni, Patricio Guzmán ha presentato a Cannes 2022 Cile- Il mio Paese immaginario (Mi paìs imaginario), Proiezione Speciale del Festival. Il regista cileno continua il suo resoconto storico e sociale narrando le proteste avvenute tra il 2019 e il 2020 attraverso lo sguardo femminile. Il documentario è in sala dall’11 settembre con Zalab e I Wonder.

Cile – Il mio Paese immaginario, sinossi

Nel 2019 a Santiago in Cile, una circostanza apparentemente di poco conto, come l’aumento del prezzo del biglietto dei mezzi pubblici, ha dato l’avvio ad una protesta popolare covata da lungo tempo. Il popolo cileno chiedeva democrazia, uguaglianza sociale, scuole per tutti, assistenza sanitaria, lavoro e soprattutto dignità e giustizia. Patricio Guzmán racconta quel periodo di grandi stravolgimenti osservandolo attraverso la prospettiva delle donne. La giornalista Mónica González, il collettivo femminista Las Tesis, la scrittrice e attrice Nona Fernández, la fotografa Nicole Kramm e la politologa Claudia Heiss: sono alcune delle protagoniste di quei giorni intervistate dal regista.

Dopo La cordigliera dei sogni, La memoria dell’acqua e Nostalgia della luce, già presentati nelle sale italiane da I Wonder, Guzman prosegue la sua riflessione sulla libertà, la giustizia e i cambiamenti sociali. In occasione del 75° Festival di Cannes CIAK ha intervistato Patricio Guzmán.

Come ha strutturato il percorso che Cile – Il Paese immaginario traccia?

Solitamente faccio una scrittura prima, che è la base. A volte invento situazioni che non esistono, ma che potrebbero accadere. Questo mi guida, ma è strano accorgersi che ciò che avevo immaginato diventa realtà. Le persone si muovevano esattamente nella maniera che avevo immaginato”.

In che senso?

La gente compiva gli esatti movimenti che io avevo immaginato. È molto buono, perché ti fa sentire in comunione con le persone, senti un legame con loro. Persino la polizia: le loro aggressioni erano esattamente ciò mi aspettavo”.

Quali erano gli elementi essenziali che voleva cogliere nel film?

Trovare e definire i personaggi; individuare le donne da intervistare; individuare i momenti di crisi e di lotta e osservare le risposte delle istituzioni alle proteste. Con questi quattro elementi ho creato una struttura e la progressione narrativa”.

Le donne sono protagoniste del documentario, perché questa scelta?

Ho voluto mettere al centro le donne perché questo sono chiare, pazienti, hanno buone argomentazioni e sanno come portarle avanti. Le donne sono migliori degli uomini: è sempre stato così. Il Cile è un Paese di donne. E ora la maggior parte dei ministri in Cile sono donne. Ed è fantastico”.

Com’è il suo Paese “immaginario”?

Vorrei che il Cile fosse un Paese pacifico dove le persone possano ottenere ciò di cui hanno bisogno e ciò che desiderano. Vorrei che fosse un Paese più felice. Il Cile è un Paese pieno di ideali positivi ed è un Paese realmente bello”.