“PEAKY BLINDERS”: IL GIOIELLO BBC DA FAR INVIDIA A SCORSESE

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Famiglia e onore. E poi dolori, vendette, passioni, demoni. Prima del bellissimo Locke con Tom Hardy, Steven Knight è stato il creatore di Peaky Blinders, serie targata BBC Original Drama, arrivata ora alla terza stagione le cui prime due sono disponibili in Italia su Netflix. E sembra immediato pensare che il padre artistico e spirituale di Knight sia Martin Scorsese, dato che raramente abbiamo visto un prodotto televisivo e cinematografico avvicinarsi così tanto alla poetica del Maestro newyorchese di Quei bravi ragazzi.

Paul Anderson, Joe Cole, Cillian MurphyLa serie è ambientata a Birmingham dopo la fine della Prima Guerra Mondiale, i protagonisti sono uomini, perlopiù reduci, legati dal sangue famigliare e dall’ambizione di poter controllare il territorio del quartiere di Small Heath e, in seguito, di allargarsi sull’Inghilterra. Loro sono i Shelby, soprannominati appunto Peaky Blinders, il cui segno distintivo è una lama nascosta nel risvolto del cappello, da usare come arma finale nelle occasioni di scontro o di rissa. La banda è capitanata da Thomas (Cillian Murphy), individuo tanto riflessivo, freddo e astuto negli affari quanto passionale e vulnerabile negli affetti. Per questo risulta necessaria la collaborazione di zia Polly (Helen McCrory), donna saggia e abile a gestire i comportamenti non sempre irreprensibili dei nipoti: in modo particolare quelli di Arthur (Paul Anderson), il meno stabile da un punto di vista caratteriale, dedito all’alcol e vittima di sbalzi umorali. Per contrastare le attività criminali che stanno dominando nelle principali città dell’Inghilterra, giunge a Birmingham lo spietato poliziotto di Belfast C.I. Campbell (Sam Neill), nemico giurato di comunisti, irlandesi e delinquenti. Decide di affidarsi così alle abilità seduttive della bellissima cantante e spia Grace Burgess (Annabelle Wallis), scelta per farsi assumere come cameriera proprio nel pub gestito da Thomas Shelby e per conquistare successivamente il suo cuore.

I Peaky Blinders furono davvero una gang criminale attiva nei quartieri poveri di Birmingham a partire dal 1890, che si distingueva per un abbigliamento caratterizzato da cappelli con visiera, fazzoletto al collo e pantaloni a zampa di elefante, nota per l’uso ricorrente di forchette, coltelli e attizzatoi. Erano soprattutto adolescenti ribelli, probabilmente meno organizzati della banda descritta da Steven Knight. Quello che però entusiasma della serie è la capacità di raccontare un Paese come l’Inghilterra degli anni Venti – violento e violentato dall’orrore della prima guerra mondiale, perennemente in conflitto con l’IRA, e costantemente scosso dai tumulti di anarchici e comunisti – attraverso un altro grandioso romanzo famigliare, costituito da personaggi indimenticabili e contraddittori. Su tutti, domina Thomas Shelby, interpretato da un memorabile Cillian Murphy, indubbiamente nel ruolo che vale una carriera intera. Il suo Tommy conquista per la sua intelligenza criminale, per l’equilibrio che riesce a dare al valore della famiglia e a quello dell’ambizione e del denaro. Si denota fin da subito in lui però un cinismo di fondo dovuto a una specie di romanticismo frustrato: non è un caso che Polly gli rimproveri il fatto che “soltanto una cosa può rendere cieco un uomo furbo come lui”. E, ovviamente, si riferisce all’amore. Degno di essere menzionato è il nemico principale di Shelby, interpretato da quel Sam Neill che milioni di spettatori hanno amato in film come Lezioni di piano e Jurassic Park. Il suo è un personaggio sgradevole e subdolo, viscido e vendicativo, simbolo delle istituzioni britanniche disposte a tutto pur di prevalere e sovrastare con la forza il prossimo. Peaky Blinders è soprattutto il conflitto tra due modi diversi di servirsi della violenza: nel caso di Shelby, per ribaltare le gerarchie statali; in quello di Campbell, per reprimere ogni sorta di atteggiamento fuori norma.

Cillian Murphy, Sam NeillC’è molta politica e molto whisky sullo sfondo: vengono spesso menzionati irlandesi, comunisti, operai, anche se non sempre appaiono davvero funzionali allo svolgimento degli episodi. Quello che conta è lo sguardo d’insieme, il mood umido, sporco, alcolico, sottolineato da una colonna sonora a dir poco portentosa: White Stripes, Tom Waits, PJ Harvey, Arctic Monkeys. Nella seconda stagione spunta fuori Tom Hardy, ma vederlo è soltanto un quid pluris: anche senza di lui, Peaky Blinders sarebbe un meraviglioso viaggio nell’animo infernale degli uomini.

Emiliano Dal Toso