Persuasione di Netflix ha un problema: la quarta parete

Il nuovo adattamento del romanzo di Jane Austen interpretato da Dakota Johnson, disponibile ora su Netflix, ha un problema con la rottura della quarta parete

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Dakota Johnson Persuasione

Jane Austen, scrittrice britannica vissuta a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo, è forse una delle autrici le cui opere, soprattutto in tempi recenti, hanno avuto più trasposizioni cinematografiche nella storia. Sulla scia di questa passione rinnovata Netflix ha realizzato un nuovo adattamento del suo ultimo romanzo pubblicato postumo, Persuasione, che vede protagonista Dakota Johnson, affiancata dagli attori Henry Golding e Cosmo Jarvis, e diretto dall’esordiente Carrie Cracknell. Ma c’è un problema.

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I romanzi di Austen, come “Orgoglio e pregiudizio”, “Ragione e sentimento” ed “Emma”, sono divenuti, in maniera più o meno fedele al testo originale, film e serie Tv di successo e le sue protagoniste sono state interpretate da star come Keira Knightley, Emma Thompson, Kate Winslet, Gwyneth Paltrow e Anya Taylor-Joy.

Con questa ultima versione di Persuasione l’obiettivo era quello di tenere un approccio moderno e spiritoso ad un classico della letteratura estremamente popolare. Per raggiungere lo scopo la regista ha scelto un espediente narrativo tanto usato al cinema quanto carico di rischi: la rottura della quarta parete.

Persuasione racconta la storia di Anne Elliot (Johnson), una giovane donna testarda che vive con la sua famiglia in bancarotta. Ventisettenne, nubile, Anne era stata persuasa da amici e parenti a rompere il suo fidanzamento con un marinaio, il capitano Wentworth (Jarvis), a causa del suo rango. A distanza di sette anni, i due si incontrano nuovamente e hanno una nuova occasione per portare avanti la loro storia d’amore.

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Nel corso del film Johnson si rivolge spesso direttamente al pubblico con un espediente che viene definito ‘rottura della quarta parete’. Diversa dalla voce fuori campo, in cui uno dei personaggi, sia esso un protagonista o narratore esterno, intervengono al di fuori della storia per chiarire circostanze o aggiungere dettagli non mostrati, la rottura della quarta parete è operata da uno dei personaggi del racconto che, interrompendo lo svolgimento di una scena, si rivolge alla telecamera e commenta ciò che sta accadendo con il pubblico stesso.

La rottura della quarta parete ha dato lustro a non poche opere; registi come Adam Mckay e Woody Allen ne hanno fatto una sorta di loro cifra distintiva, ma anche serie di successo come Fleabag. Con alterne fortune, l’espediente ha spesso contribuito ad instaurare un legame particolare tra lo spettatore e i personaggi, in una sorta di fittizio dialogo capace spesso di sdrammatizzare le vicende o di creare empatia con il protagonista della storia. Ma non sempre la sua efficacia è garantita.

In Persuasione la Anne di Johnson ammicca continuamente allo spettatore. Sin dall’inizio della storia si rivolge a lui come a voler immediatamente catturare la sua simpatia raccontando di se stessa e della propria famiglia, un po’ come farebbe la rivisitazione di Bridget Jones se fosse vissuta alla fine del XVIII secolo. Ma l’insistenza si fa fin troppo dissacrante, al punto da ottenere l’effetto opposto: invece che empatizzare con lei, lo spettatore sembra quasi indotto a giudicare, non solo la sua bizzarra famiglia, ma anche lei stessa.

Anche volendo sospendere ogni giudizio in merito alla libertà che il film si prende rispetto al romanzo originale, la Anne di Persuasione, un po’ come se si trovasse nell’antesignano di un social con più di due secoli di anticipo, non sembra tanto un personaggio innovativo, ma piuttosto una sorta di influencer che si sforza in continuazione di catturare la nostra attenzione e simpatia. E l’effetto confusione rispetto alla storia che si vorrebbe narrare è garantito.