Pesaro 57: Björn Andrésen è The Most Beautiful Boy in the World

L’attore svedese, celebre per il ruolo di Tadzio in Morte a Venezia, ha presentato al Festival di Pesaro il doc sulla sua vita The Most Beautiful Boy in the World, che uscirà in sala per Wanted Cinema

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Bjorn Andresen

La penultima serata in Piazza del Popolo della 57esima Mostra Internazionale del Nuovo Cinema – Pesaro Film Festival ha visto la partecipazione dell’unico ospite in presenza dall’estero: Björn Andrésen, noto al pubblico cinematografico di tutto il mondo per il ruolo del giovane Tadzio in Morte a Venezia, il film di Luchino Visconti (tratto dal racconto omonimo di Thomas Mann) uscito cinquant’anni fa. Andrésen ha presentato in anteprima il docu-film sulla sua vita, The Most Beautiful Boy in the World (di Kristina Lindström e Kristian Petri): scelto come film di chiusura fuori concorso del Festival, già selezionato al Sundance 2021 e prossimamente nelle sale italiane per Wanted Cinema.

Quella di “ragazzo più bello del mondo” fu l’ingombrante etichetta apposta dallo stesso Visconti all’allora quindicenne Andrésen, in occasione del lancio di Morte a Venezia. Per il giovane, una popolarità improvvisa, non ricercata e soffocante, con tutte le pressioni che ne sono derivate.

«Per esempio, dopo la prima del film a Londra, quando sono rientrato a scuola, i miei compagni mi hanno salutato dicendomi “Ciao, labbra d’angelo!”», racconta l’attore dialogando dal palco della piazza pesarese con le intervistatrici Miriam Galanti (conduttrice della serata) e Cecilia Ermini (selezionatrice della Mostra).

«È stato sicuramente un marchio che mi sono portato dietro, e mi ha fatto provare una certa solitudine», prosegue Andrésen a proposito della definizione datagli da Visconti.

Anche se, ha chiosato scherzosamente, oggi più che “the most beautiful boy” potrebbe definirsi «the oldest boy».

Ma è una storia fatta (anche) di tragedie personali quella di Andrésen, che nel film mette coraggiosamente a nudo il suo presente e il suo passato.

«Non è stato difficile», spiega l’attore, «avevo fiducia in Cristian [Petri, co-regista del film, ndr], che conosco da tantissimo tempo. Non ho avuto paura nel raccontare la mia vita così come si è svolta. Certo, è una narrazione estremamente personale, ma è una situazione profondamente umana, si è trattato semplicemente di lasciarmi andare al flusso del racconto. Forse alla fine un minimo di reticenza l’ho avuto, ma mi sono reso anche conto che io non sono l’unico ad aver vissuto certe cose nella vita. E se qualcun altro, in qualunque altro luogo del mondo, ha provato delle esperienze analoghe, e può in qualche modo beneficiare di questo mio racconto, allora ne sarà valsa la pena».

Durante l’incontro l’attore ha anche rivelato un piccolo aneddoto sulla lavorazione di Morte a Venezia, ovvero un «conflitto» avuto con lo stesso Visconti: quando la tutrice di Andrésen, Miriam, con cui si era creata una forte intesa, stava per essere mandata via dal set.

«Con un’arroganza tipica dei quindici anni, ho detto: “Ci penso io a parlare con Luchino Visconti”. L’ho avvicinato e gli ho detto: “Se Miriam se ne va, me ne vado anch’io!”, ovviamente dimenticandomi del contratto che avevo firmato e che avrebbe reso assolutamente impossibile per me lasciare il set. Visconti ha riso e non mi ha preso sul serio. Ma alla fine, lei è rimasta».

Andrésen si definisce un musicista prima e più che un attore, ma nella sua filmografia c’è almeno un altro titolo cult e molto più recente, l’horror Midsommar. Alla domanda se questo ruolo, insieme all’esperienza del documentario (auto)biografico, saranno seguiti a breve da ulteriori prove per il cinema, l’ospite risponde: «Devo dire che la recitazione mi piace, mi diverte, come mi piace fare della buona musica. Perciò continuate a propormi dei ruoli come attore!».