Pesaro 57: evento speciale con Paolo Mereghetti e Midnight in Paris

Il noto critico, ospite del Pesaro Film Festival, ha raccontato al Direttore Pedro Armocida i suoi titoli “del cuore”, tra cui Midnight in Paris: un film che ha la «semplicità» dei classici

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Rachel McAdams, Owen Wilson e Woody Allen sul set di Midnight in Paris

I “film del cuore” sono quelli che «al di là del giudizio, ti entrano dentro, sottopelle, e ci rimangono», secondo Paolo Mereghetti (giornalista e critico cinematografico del Corriere della sera, nonché curatore del celebre Dizionario dei film che porta il suo nome), ospite di un evento speciale della 57esima Mostra Internazionale del Nuovo Cinema – Pesaro Film Festival, il 22 giugno in Piazza del Popolo. Durante la serata, Mereghetti, intervistato dal Direttore Artistico della Mostra Pedro Armocida, ha parlato appunto dei suoi “film del cuore”, tra i quali c’è sicuramente Midnight in Paris (2011) di Woody Allen, proiettato al termine dell’incontro.

«Non è il film più bello di Woody Allen», precisa Mereghetti, «ce ne sono tanti bellissimi e più importanti: Manhattan, Io e Annie, Hannah e le sue sorelle, Radio Days, Basta che funzioni, Blue Jasmine». E però il film del regista newyorchese ambientato in una Parigi sospesa tra diverse epoche, appartiene a quella schiera di film che per il critico milanese «sanno toccare qualche corda particolare» e per questo non ti stancheresti mai di vederli.

Tra i momenti di Midnight in Paris preferiti da Mereghetti, la sequenza che omaggia ironicamente Buñuel, «assolutamente mitica», e il finale: «Woody Allen è capace di far finire i suoi film, è capace di portarti a una conclusione che non è mai scontata: dopo aver esaltato per novanta minuti il fascino della Parigi degli anni ’20, e poi addirittura quella di Degas, Gauguin e Toulouse-Lautrec, ecco che finalmente si rende conto che il passato è bello, è importante, ci aiuta a capire e a crescere, ma forse bisogna guardare un po’ ai giorni nostri, bisogna avere il coraggio di fare i conti col mondo che abbiamo di fronte. Che non mi sembra un brutto messaggio».

Quali sono altri “film del cuore” di Mereghetti? «Durante il lockdown», racconta al riguardo, «ho scoperto che non potevo vivere senza Un uomo tranquillo di John Ford». Che, come il film di Allen, ha la «semplicità», ovvero la limpidezza e chiarezza nel raccontare una storia, del grande cinema classico. E poi, tra quelli che «entrano di diritto nell’empireo», ci sono Amarcord, La morte corre sul fiume, La regola del gioco, Una vita difficile, Europa ʾ51. Tra i capolavori di Billy Wilder, «L’appartamento è obbligatorio», e tra quelli di Michael Powell ed Emeric Pressburger La volpe. Tutti film che potrebbero entrare a far parte di una futura sezione ex novo del Dizionario (ancora ipotetica), dedicata ai “film a cinque stelle” (Il Mereghetti si ferma tradizionalmente a quattro), cioè appunto i titoli particolarmente cari all’autore.

Il critico ha anche ricordato i suoi trascorsi con la Mostra di Pesaro, a partire dai primi anni ’70: «facevo l’università, cominciavo a occuparmi di cinema, da cinefilo un po’ arrabbiato, come tutti i ventenni, e Pesaro era un appuntamento fondamentale. All’inizio, perché mi ha fatto conoscere del cinema che altrimenti non avrei potuto vedere. Penso al cinema sudamericano, per esempio La hora de los ornos di Solanas, qualcosa che mi ha veramente aperto la testa». Ma, prosegue Mereghetti, il grande merito di Pesaro per i giovani critici di quegli anni è stato «cominciare a ragionare sul cinema e sulla sua storia liberandosi da tanti luoghi comuni, da tante prese di posizione che sembravano ferree e invece andavano discusse», soprattutto riguardo al cinema italiano. Un festival che perciò Mereghetti definisce «tra i pochi che ti insegnano a vedere».

Appuntamento quindi alla sera del 23 giugno, sempre a Piazza del Popolo, dove sarà Piera Detassis, Direttrice dell’Accademia Nazionale del Cinema Italiano – Premi David di Donatello, a parlare dei suoi “film del cuore”, cominciando da quello che verrà proiettato per l’occasione: La messa è finita, di Nanni Moretti.